Lettera a Le Scienze dopo l'alluvione del 1994

Torino, 28 novembre 1994

Egregio Direttore,

sono un ricercatore nel campo della fisica dell'atmosfera; le polemiche seguite alla tragedia dell'alluvione che ha recentemente colpito il Piemonte mi spingono ad esporre, a mente fredda, alcune considerazioni.

Lo straripamento dei fiumi Po, Tanaro e Banna è stato la conseguenza diretta di un evento di pioggia eccezionale per l'intensità (a Caselle 276 mm in tre giorni, 175 in un giorno) e per l'estensione dell'area interessata, comprendente grossomodo l'intera regione con i massimi nelle province di Cuneo, Genova, Torino ed Asti; la caduta di precipitazione così abbondante in poco tempo (e fino a quote elevate: lo zero termico era intorno a 2500 m) ha riversato nei fiumi una quantità di acqua pari in media a circa 200-250 mila metri cubi per chilometro quadrato nei tre giorni. Tale evento ricorda molto da vicino l'alluvione dell'autunno scorso, che colpì pero differenti località ma provocò già allora danni nelle zone dell'alessandrino (fiumi Belbo, Bormida, Orba) anche se in misura minore rispetto alle situazioni disastrose verificatesi nel Verbano, in Val Soana, d'Orco e di Susa, con ingenti perdite di persone e cose.

Dal punto di vista meteorologico, questa volta (così come un anno fa) l'evento e stato previsto con due-tre giorni di anticipo sia dal Servizio Meteorologico Nazionale che da enti regionali: infatti sono stati emessi bollettini antialluvione per Piemonte, Val d'Aosta e Liguria sin dal 3/11; tre giorni possono essere considerati quasi un limite superiore per le previsioni meteo poiché la loro attendibilità, alta nei primi tre giorni, decresce sino al settimo giorno (per il quale vanno considerate solo come tendenze indicative), oltre il quale non esistono previsioni.

Su queste basi, comunque, ritengo sia possibile prendere alcuni provvedimenti al fine di minimizzare i danni ed evitare perdite umane. Purtroppo, questo in Piemonte non e avvenuto quest'anno, così come non era avvenuto un anno fa. Da quanta visto, credo di pater dedurre (mi correggano gli esperti) che in Italia non e attualmente attivato un servizio di preavviso per eventi calamitosi: enti e strutture ci sono, fin troppi, però non è ben pianificata la catena di trasmissione delle informazioni.

D'altra parte, non è credibile che, di sua iniziativa, la Prefettura di una regione possa contattare tutti i sindaci di tutti i paesi e città a casa propria! Probabilmente siamo in presenza di un'anomalia legislativa, dovuta forse al fatto che il servizio di Protezione Civile è nato dopo i terremoti quale aiuto dopo i disastri e non quale servizio preventivo (anche se è triste doverlo ammettere). Sarebbe auspicabile, però, che, adesso che ce ne siamo accorti, si possa porre rimedio rivedendo le normative e semplificando le procedure.

Ad esempio, come ripetuto in questi giorni, occorre evitare di costruire o concedere permessi edilizi in zone a rischio adiacenti ai fiumi; ma occorre anche modificare alcune leggi come quella (voluta dagli ambientalisti) che in Piemonte impedisce di fatto la pulizia periodica di alvei e rive dei fiumi. Più a breve scadenza, però, sarebbe auspicabile la creazione di una (sola) struttura regionale (sulla falsariga di quelle già operanti con successo in Val d'Aosta ed Emilia Romagna), che accorpi in se le mansioni di protezione civile, di servizio agrometeorologico, geologico ed idrografico, e sia costituita da persone preparate; si noti che, in Piemonte, esistono già numerosi nuclei quasi sconosciuti gli uni agli altri (magistrato del Po, servizio idrografico, ESAP, ecc.) che svolgono autonomamente servizi similari.

Tale struttura dovrebbe avere diramazioni nelle province e potere decisionale in ambito locale in modo da garantire interventi immediati in caso di necessità, senza dover aspettare la riunione del Ministro a Roma. A livello locale, invece, occorrerebbe stabilire una procedura di allarme (una volta si usavano le campane del parroco!) che preveda personale operante 24 ore su 24 e, in casi eccezionali, possa magari contemplare il ricorso ai mass-media.

Speriamo che, sull'onda dell'emozione, si possa fare qualcosa di costruttivo, in modo che, dopo la prossima a1luvione, ci possano essere più plausi e meno polemiche.

Dr. Claudio Cassardo
Ricercatore Gruppo Fisica dell'atmosfera
II Facoltà di Scienze - Università
Sede di Alessandria

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