Impressioni sul film "L'alba del giorno dopo"
di Claudio Cassardo
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The day after tomorrow - L'alba del giorno dopo
Titolo originale: The day after tomorrow
Nazione: U.S.A.
Anno: 2004
Genere: Azione, Drammatico
Durata: 125'
Regia: Roland Emmerich
Sito ufficiale: www.thedayaftertomorrow.com
Cast: Dennis Quaid, Jake Gyllenhaal, Sela Ward, Ian Holm, Emmy Rossum
Produzione: Roland Emmerich, Mark Gordon
Distribuzione: 20th Fox
Data di uscita: 28 Maggio 2004 (cinema)
Trama:
Il Professor Adrian Hall, climatologo, studia per trovare una soluzione che salvi il mondo dagli effetti
disastrosi dovuti al buco dell'ozono. Quando New York City, dove si trova il figlio di Hall per una
competizione scolastica, viene travolta da un freddo gelido... |
Torino, 1 giugno 2004
Dopo aver visto il film "The day after tomorrow", letteralmente "Dopodomani", titolo che però è stato
tradotto in italiano come "L'alba del giorno dopo", forse per il desiderio in chiave filosofica di dare un
segnale più concreto di speranza dopo la "catastrofe climatica" descritta nel film, mi vengono in mente alcune
impressioni e considerazioni che vorrei qui di seguito esporre.
Il regista, Roland Emmerich, "tedesco hollywoodiano", ha costruito un film del genere catastrofico che
ricalca la struttura di Independence Day e del Patriota, sempre di Emmerich, mettendo però un evento "naturale"
al posto dell'invasione spaziale o dell'intrusione della guerra nel privato. Dal punto di vista del
coinvolgimento, credo che sicuramente il telespettatore non ha tempo e modo di annoiarsi malgrado in qualche
momento ci sia addirittura qualche dissertazione scientifica.
Personalmente, il mio giudizio su questo film è sostanzialmente positivo, e direi che questo è un film la
cui visione è caldamente consigliabile a tutti. Questo al di là del discorso tecnico che, non essendo io un
esperto, lascio volentieri ad altri. Ad ogni buon conto, mi sembrano notevoli gli effetti speciali, molto
realistici per quanto riguarda la visualizzazione delle città americane allagate ed inondate e sotto il
ghiaccio, mentre personalmente sono un po' meno entusiasta della resa dei tornadi su Los Angeles, che
appaiono visibilmente artificiosi.
Il mio giudizio positivo è sostanzialmente basato su due argomentazioni. Primo punto: finalmente un film in
cui si parla per tutto il tempo di meteorologia e climatologia, in qualche modo, senza che il telespettatore si
annoi. Secondo punto: il messaggio che esce dal film, molto attuale in questi tempi, ovvero il fatto che il
sistema climatico terra-atmosfera è estremamente complesso, poco conosciuto e soprattutto che l'umanità nel suo
complesso non lo può controllare, anche se lo può benissimo modificare. L'immagine dei profughi statunitensi
costretti ad emigrare clandestinamente in Messico a causa delle anomalie climatiche è emblematica e riassume in
pochi secondi la vulnerabilità della nostra società moderna.
Schema dell'eccesso di effetto serra
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La temperatura media della terra aumenta in presenza di gas serra perchè è maggiore la quantità
di radiazione ad onda lunga riflessa verso la terra
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Questo discorso si ricollega al problema dell'effetto
serra
(o, meglio, dell'eccesso di effetto serra, in quanto l'effetto serra,
cioè l'incremento della temperatura media alla superficie
terrestre - circa +15 °C - rispetto alla temperatura di un
ipotetico pianeta uguale alla Terra e nelle stesse condizioni ma senza
atmosfera - sul quale la temperatura media superficiale sarebbe circa
-18°C - è il fenomeno che ha permesso alla vita di
diffondersi sulla superficie terrestre). E proprio per questo motivo
valuto positivamente il film, perchè, sia pure con molte
"sviste", pone un problema di grande attualità che va studiato
in quanto i mezzi scientifici attualmente a nostra disposizione non ci
permettono di dare una risposta sicura. Chi esce dalla sala dopo aver
visto questo film, a parte il terrore che proverà la prossima
volta che metterà piede su un aereo, dopo aver visto la scena
del volo del figlio del protagonista, a mio giudizio innanzitutto
rivaluta la figura del meteorologo; in secondo luogo, è
informato, in qualche modo, di un problema attuale del quale troppo
spesso la società "fa finta" di dimenticarsi, e cioè
quello dell'effetto dell'attività umana sul clima. In terzo
luogo, anche se nel film questo è volutamente esagerato,
intuisce che se il clima cambia, il cambiamento diventa incontrollabile
da parte dell'uomo, e può produrre conseguenze che possono
incidere in maniera sostanziale sia sulla qualità della vita
sia, nel caso estremo, sulla sopravvivenza della specie umana o
comunque potrebbe creare fenomeni migratori forieri di guerre o
conflitti di portata anche mondiale. Del resto, questo è un
film, ma è di poche settimane fa la notizia reale di un rapporto
del Pentagono scritto da scienziati climatologi americani nel quale
viene ipotizzata proprio la situazione climatica descritta nel film
(naturalmente, senza la velocità di successione degli eventi del
film) e vengono ipotizzati diversi scenari possibili e delineati anche
diversi ipotetici conflitti.
A tale proposito, per ulteriori informazioni si consiglia la visita dei seguenti siti:
Proprio grazie a queste considerazioni, reputo che possano essere in qualche modo perdonati i diversi
e sostanziali errori (sia di fisica sia di meteorologia) presenti all'interno del film, e che, al fine di non
sprecare il messaggio positivo del film, vale la pena evidenziare.
La circolazione termoalina terrestre
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Il primo, evidentissimo, errore presente all'interno del film è la scala dei tempi del fenomeno. Lo
smorzamento della corrente del Golfo del Messico e, più in generale, delle correnti che trasportano le gelide
acque polari verso l'equatore e le calde acque subtropicali verso i poli (fenomeno noto come circolazione
termoalina), incentivato dall'eccesso di acqua
dolce (a sua volta causato dalla fusione dei ghiacci) è un fenomeno possibile, realmente accaduto in passato
durante le ere glaciali.
Ci sono anche evidenze sperimentali (i cosiddetti proxy data) del fatto che, tra 13000 e 11000 anni
fa, la circolazione termoalina nell'Atlantico settentrionale, appena restauratasi al termine dell'ultima grande
glaciazione, si interruppe nuovamente, causando il ritorno all'era glaciale nell'Europa
occidentale. Tale periodo climatico è noto con il nome Younger Dryas, dovuto al nome di una
pianta (Dryas octopetella)
che normalmente cresce in Europa solo alle latitudini polari artiche, e
che invece è stata ritrovata (come fossile) anche a latitudini
ben inferiori in quel periodo. Una spiegazione correntemente accettata
per quell'episodio di ritorno alle condizioni glaciali (che però
interessò soltanto l'Europa) è l'improvvisa deviazione
del percorso delle acque dolci di fusione della coltre glaciale che
ancora ricopriva il Canada e gli Stati Uniti settentrionali dal bacino
del fiume Mississippi-Missouri (che scarica le sue acque nel Golfo del
Messico) a quello del fiume St. Lawrence (che invece scarica nella baia
di Buffin), causata presumibilmente dal semplice fatto che, a causa
della progressiva fusione della coltre glaciale, la "via di fuga"
dell'acqua verso la baia di Buffin, prima ostruita dai ghiacci, si rese
impeovvisamente libera. L'improvvisa diminuzione di salinità
dovuta all'ingresso di una cospicua quantità di acqua dolce
nella baia di Buffin e quindi nell'oceano Atlantico settentrionale
venne così ad alterare l'equilibrio della circolazione
termoalina che, nell'Atlantico settentrionale, prevede il graduale
inabissarsi della corrente calda superficiale proveniente dal golfo del
Messico per formare la corrente di ritorno, fredda e profonda, che
scivola lungo la costa americana orientale. Lo squilibrio dovuto
all'improvviso "addolcimento" dell'acqua impedì quindi il
meccanismo che origina la circolazione termoalina, spingendo
quest'ultima corrente a latitudini molto più meridionali e
facendo venire a mancare così all'Europa occidentale una
cospicua quantità di energia, con la coseguenza dell'instaurarsi
di una nuova epoca glaciale.
Grafico delle concentrazioni di biossido di carbonio e di metano, e dell'anomalia di temperatura
ricavata dai carotaggi di ghiaccio nella stazione antartica di Vostok, che visualizzano le ultime 4
glaciazioni
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Si sottolinea comunque il fatto che, stando a quanto si deduce dai proxy data, questo fenomeno ebbe
la durata di circa 2000 anni, scala temporale ben maggiore di quella di una settimana come appare nel film. Del
resto, le stesse glaciazioni si sono succedute con una periodicità di circa 100000 anni, ed anche il loro
innesco o la loro scomparsa ha interessato periodi temporali dell'ordine dei 1000 anni. Inoltre, date le
velocità tipiche delle correnti marine, anche ammesso che la corrente del Golfo del Messico potesse
interrompersi istantaneamente, occorrerebbero settimane per non dire mesi prima di poter osservare effetti a
scala continentale come quelli visti nel film.
Mappa delle variazioni di temperatura su 50-100 anni calcolate dal modello
HadCM3 che ipotizza
il collasso della circolazione termoalina nell'oceano Atlantico settentrionale causate da un incremento
di temperatura della temperatura media globale terrestre per effetto di un incremento della
concentrazione di biossido di carbonio. Si sottolinea la durata della simulazione (50-100 anni) e l'entità
della variazione termica (inferiore a 10°C).
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Un altro errore riguarda la confusione tra climatologia e meteorologia, a proposito dei modelli di
simulazione. Nel film, infatti, al momento dell'innesco delle "tempeste polari", i meteorologi affermano che la
totalità dei modelli di circolazione non è in grado di prevedere l'evoluzione di simili tempeste a causa della
straordinarietà (e della carenza) dei dati osservativi (questo è plausibile), per cui l'unico modello usabile
per prevedere l'evoluzione di tali tempeste risulta quello del climatologo Prof. Hall. Quest'ultimo punto è
chiaramente non plausibile, in quanto i modelli climatici studiano il clima, cioè fenomeni con tempi scala
climatici (tra 30 anni e milioni di anni). Un modello climatico non ha il dettaglio sufficiente per poter
effettuare una previsione a tre-sette giorni, e neanche per poterla rappresentare e dettagliare a scala
continentale come appariva nelle mappe di previsione delle tempeste apparse durante il film.
Andamento della temperatura media con la quota nell'atmosfera terrestre
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Assolutamente contraria alle leggi della fisica è poi l'asserzione per la quale i flussi di aria fredda
provenienti dall'alta atmosfera avrebbero mantenuto temperature così basse a causa del fatto che, data la loro
estrema velocità, non avevano il tempo di potersi riscaldare. Innanzitutto, la temperatura media in troposfera
decresce dal valore medio superficiale di circa 15°C (media annua su tutto il globo) fino a raggiungere il
valore di circa -50 / - 60 °C a livello della tropopausa (tra 6 e 16 km di quota circa), livello al di sopra
del quale la temperatura ricomincia a crescere fino a circa 40-50 km. Pertanto, non vengono mai raggiunti i
-100 °C menzionati nel film. In secondo luogo, se una massa d'aria scende dal livello della tropopausa (dove la
pressione può variare tra 100 e 250 hPa circa) fino al livello del suolo (dove la pressione può variare tra 950
e 1050 hPa circa), si riscalda per compressione adiabatica. L'adeguamento
della pressione all'interno della massa d'aria con la pressione ambiente è istantaneo, e non può non avvenire.
Questa espansione adiabatica produce un riscaldamento della massa d'aria in discesa di circa 6°C per km. Per
verificarsi il flusso di aria fredda menzionato nel film (temperatura superficiale di -100°C), dovrebbe o non
esserci la compressione adiabatica (cosa fisicamente senza senso), oppure la temperatura della massa d'aria in
partenza dal livello della tropopausa dovrebbe essere dell'ordine dei -160°C (cosa anche questa non plausibile).
Fotografia di un uragano
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Struttura tipica di un uragano
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Luoghi di formazione e percorsi tipici degli uragani
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Sezione verticale di un uragano, nella quale è evidenziato il moto delle correnti calde
discendenti all'interno dell'occhio dell'uragano
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Anche gli "uragani freddi" che, nel film, hanno flagellato l'emisfero settentrionale (ma stranamente non
l'emisfero meridionale) del globo terrestre rappresentano un'anomalia meteorologica, nel senso che,
meteorologicamente, non sono spiegabili. Gli uragani (dall'inglese hurricane, ma tale fenomeno è anche noto con
il nome di ciclone tropicale o tifone) debbono la loro esistenza alla grande disponibilità di vapore acqueo ed
alla grande energia
legata ai processi di condensazione del vapore acqueo in acqua liquida e viceversa (circa 2.5 106 J
per kg di vapore acqueo). Non a caso, tali sistemi si formano esclusivamente sul mare ed esclusivamente a
latitudini comprese tra 20° di latitudine Nord e 20° di latitudine Sud, dove le acque superficiali degli
oceani hanno, nella stagione più calda, temperature superiori ai 30°C. La struttura di un uragano prevede al suo
interno una zona caratterizzata da correnti discendenti (l'occhio) nella quale la temperatura è superiore
rispetto alle zone circostanti, cioè il nucleo di un uragano risulta caldo e non freddo come nel film.