Alcune alghe possono produrre petrolio


Questa immagine è stata creata macchiando un'alga verde con Nile Red. Le aree gialle rappresentano le goccioline d'olio, mentre le aree rosse sono le parti della cellula che contengono clorofilla. (foto di Keith Cooksey).

Il prof. Keith Cooksey

Torino, 20 gennaio 2008

Lo scorso 2 gennaio l'ufficio stampa della "Montana State University" ha pubblicizzato su questo sito la notizia di una ricerca (in realtà già iniziata oltre vent'anni fa ma poi accantonata per mancanza di fondi) secondo la quale sarebbe possibile (anche se non immediatamente realizzabile) la produzione di biopetrolio dall'olio contenuto nelle alghe marine. Anche in questo caso, la rilevanza dell'esperimento è notevole, in quanto eventuali risultati positivi potrebbero consentire di diminuire il tasso di produzione dell'anidride carbonica (bruciare biocombustibile non altera i livelli di CO2 presenti in atmosfera, poiché viene immessa in atmosfera la stessa quantità di CO2 a suo tempo utilizzata dalla pianta per crescere), e pertanto per questo motivo mi permetto di darne diffusione attraverso una traduzione libera.

Il microbiologo Keith Cooksey, della "Montana State University", professore e ricercatore 72-enne in pensione dal 2003, ha annunciato che le stesse alghe brune che ricoprono le rocce e sono pericolose poiché molto scivolose, contengono olio, che può essere trasformato in carburante diesel. Anche se non è ancora possibile utilizzare le alghe in modo diretto, l'idea, secondo Cooksey, è molto promettente.

In realtà, è già da un ventennio che Cooksey sta cercando di produrre combustibile dalle piante. In particolare, già negli anni 1980 egli studiò la fattibilità di trasformare l'olio delle alghe in biodiesel. Il Dipartimento dell'energia degli Stati Uniti d'America finanziò inizialmente le sue ricerche grazie al programma sulle specie acquatiche, e le sue scoperte furono pubblicate su riviste scientifiche internazionali. Successivamente tuttavia i fondi non furono rinnovati e le ricerche si fermarono. Secondo Cooksey, che accusa velatamente i produttori petroliferi, il motivo dello stop ai finanziamenti era la paura di poter produrre petrolio in grande quantità.

Recentemente Cooksey è diventato il direttore del programma EPSCoR per il Dipartimento della Difesa in Montana. Nello stesso momento, i suoi "vecchi" articoli sono ritornati d'attualità, col risultato che egli è diventato molto ricercato per colloqui con ex-colleghi, seminari, consulenze per aziende. Egli dice: "è una sensazione molto strana, in quanto normalmente nessuno presta ascolto a ciò che è stato fatto venti anni fa. La scienza normalmente non funziona così, ma in questo caso invece è successo. Venti anni fa il nostro era uno dei 3 o 4 laboratori al mondo in cui si facevano queste ricerche. Allora nessuno era interessato alle nostre ricerche, mentre adesso molti hanno dimostrato un improvviso interesse, probabilmente a causa dei problemi in Medio Oriente e della loro influenza sul prezzo del petrolio".

"Our lab was one of three or four in the world doing research that nobody was really interested in," Cooksey said. "Il nostro laboratorio è stato uno dei tre o quattro nel mondo facendo la ricerca che nessuno è veramente interessato a", ha detto Cooksey. "Now, suddenly lots of people are interested in it." "Ora, improvvisamente un sacco di persone che sono interessate a".

Cooksey, che appare ancora interessato alla produzione di biocarburante dalle alghe nonostante sia ormai 72-enne, ha dichiarato che il suo laboratorio nel 1980 scoprì come aumentare la produzione di petrolio dalle alghe. Fu sviluppato un sistema che analizzava le alghe per il loro contenuto di petrolio riducendo notevolmente le dimensioni del campione necessario per la ricerca. Fu sviluppato un prodotto per le alghe, chiamato "Nile Red", e le alghe, una volta trattate, diventavano fluorescenti, a determinate condizioni, cosa che rendeva più facile la misura del loro contenuto di petrolio.

Le alghe crescono naturalmente lungo i fiumi, il mare, e nelle paludi di mangrovie della Florida meridionale, ma possono anche crescere nelle vasche per il trattamento delle acque reflue, e possono essere coltivate commercialmente in vasche artificiali. Cooksey ha progettato diversi tipi di vasche negli anni 1980, suggerendo che il loro posizionamento in aree desertiche potesse sfruttarne la grande insolazione, a patto che vi fosse l'accesso a risorse idriche non utilizzabili per uso alimentare o agricolo. 

La relazione annuale del 1983 del "Solar Energy Research Institute" che ha fornito a Cooksey il finanziamento e alcune colture algali, riportava l'affermazione che "in linea di principio, i lipidi delle microalghe sono adatti per essere raffinati in combustibili liquidi convenzionali. In effetti, in passato, oli biologici sono stati raffinati in combustibili in occasione di carenze nell'approvvigionamento del petrolio".

Joseph LaStella, president of Green Star Products, Inc. in San Diego, Calif., raved about the potential of algae in a recent phone call. 

Anche Joseph LaStella, presidente della "Green Star Products, Inc." di San Diego, California, è convinto delle potenzialità delle alghe, e la sua azienda ha costruito un bacino di decantazione e di dimostrazione ad Hamilton la scorsa primavera. Egli ha affermato che "la soia produce circa 50 litri di petrolio per ettaro per anno, e la canola ne produce circa 130. Le alghe ne producono circa 4000 litri per ettaro all'anno, e si prevede che tale valore possa essere incrementato. Le alghe richiedono soltanto sole ed acqua non potabile per crescere, ed è stato dimostrato che le alghe crescono anche quando le temperature scendono sotto lo zero. Questa è l'unica risposta per la crisi di carburante".

David Tooke, direttore delle operazioni presso "Sustainable Systems" di Missoula, è dell'idea che, con il nuovo interesse per i biocarburanti, quella delle alghe è un'altra opportunità per la fornitura di tali combustibili. Secondo lui, "per quanto riguarda la superficie necessaria [per coltivare vegetali che possano produrre petrolio], è più ragionevole pensare che potremmo raggiungere quei livelli di produzione con le alghe piuttosto che con le colture agricole".

Venti anni fa, le alghe erano anche viste come una metodologia promettente, ma l'interesse svanì a causa del crollo del prezzo del petrolio. Questa volta il biocarburante delle alghe potrà essere competitivo? Secondo Tooke, "sicurissimanente sì, e sta cominciando a diventare ragionevole perseguire questa strada".

Per chi fosse interessato a leggere il rapporto finale del relativo alla produzione di Biodiesel dalle alghe del Dipartimento di Energia degli USA, suggeriamo questo link. Invece, in questa pagina si possono trovare alcuni recenti approfondimenti sul tema, che è tornato recentemente di moda.

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