Importanti conseguenze dei cambiamenti climatici sull’Himalaya

Torino, 2 marzo 2008

Tini è un piccolo villaggio circondato dalla catena dell’Annapurna, ad ovest del M. Everest. Dalla città di Pokhara, viaggiando con un piccolo aereo per poco più di 20 minuti sulle nevi perenni, si arriva a Jomsom, la seconda grande città del Nepal. Jomsom, uno dei possibili punti di partenza per le escursioni verso l'Annapurna, è una meta preferita dagli escursionisti. Da Jomsom, camminando su un percorso scivoloso meno conosciuto agli alpinisti, si arriva al villaggio Tini, che appartiene al distretto amministrativo della provincia di Mustang e dove abitano una ventina di famiglie.


Mappa del Nepal con l'indicazione di alcune località menzionate nel testo

Ingrandimento relativo alle località più frequentate nei tour dell'Annapurna (da www.highspirittrekking.com)

Esempio di una cascata di ghiaccio (icefall) sul monte Everest (da www.adventureconsultants.co.nz)

Vista del Monte Everest sul lato sud-ovest (da www.everestnews.com)

Kathmandu, capitale del Nepal (da www.catmando.com)

Patan, antica città nepalese, sede dell’ICIMOD (da www.wayfaring.info)

Un abitante delle montagne nepalesi (da Daum)

Oltre il 67% dei ghiacciai himalayani (nella foto, gentile cortesia dell'
ICIMOD, un ghiacciaio del monte Everest) stanno fondendo.

Il lago glaciale del ghiacciaio Imja nel 1975 
(foto gentile cortesia ICIMOD) ...

... e nel 2006, vicino al collasso (foto gentile cortesia 
ICIMOD).

Al ingresso del villaggio ci sono dei cilindri di preghiera (i nepalesi li chiamano Manicha), che hanno una forma cilindrica sulla quale sono incisi gli insegnamenti di Budda. In tutti i paesi e città del Nepal si ergono dei cilindri di preghiera con varie dimensioni, e si entra nel villaggio girando attorno alla Manicha. Si nota che, alle spalle del paese, si vedono le altissime sommità della catena dell’Annapurna in lontananza, che danno al villaggio una serenita impenetrabile ed una pace perenne. Il villaggio è cosi silenzioso che i rumori più assordanti sono i colpi di tosse dei bufali e il vento.

La scena paradisiaca cambia drasticamente, quando si gira lo sguardo verso la montagna a sud-est del villaggio. Lungo un ramo secondario della catena dell’Annapurna, la gran parte inferiore è stata denudata. Qui rimane infatti esposto per parecchi metri direttamente il sottosuolo. Un abitante del villaggio, Gangadibi Tagali (70 anni), ha raccontato che c’è stata una frana sulla montagna circostante, sotto la quale per fortuna non c’erano case, altrimenti ci sarebbero state ingenti perdite di vite umane. Egli ha aggiunto che un fiume qui vicino è esondato portandosi via un ponte. Un altro abitante, Genbursat Tagali (77 anni), mentre spaccava della legna da ardere, diceva: ”sento spesso dagli stranieri che ci sono state delle frane qua e là. Mi pare che le frane siano aumentate in corrispondenza della diminuzione degli aleri e delle alte temperature”. In realtà, viaggiando sull'aereo verso Jomsom, si possono vedere 4-5 aree con il suolo nudo esposto sulle montagne della catena Annapurna, dove ci sono state delle frane. Facendo invece il viaggio aereo da Katmandu a Pokhara, si possono osservare ovunque i segni netti lasciati dalle frane.

C’è un'altra scena dovuta ai cambiamenti climatici sull’Himalaya. Lambabu Scerpa (46 anni), dotato di un fisico robusto, è nato alle falde dell’Everest, e fa lo sherpa. Sherpa è in realtà il nome delle tribù minori disperse sulle valli dell’Himalaya. Lo sherpa dice con evidente orgoglio “la gente considera che lo sherpa sia il nome di un mestiere, e crede per errore che il lavoro dello sherpa sia di portare i bagagli degli escursionisti su e giù sull’Himalaya. Come compagni di viaggio, gli uomini delle tribù sherpa sono i più ricercati”. Il suo villaggio di nascita, Cereme, è situato nella zona Kambu, che è una abitazione minore sull’Himalaya più alto del mondo. Grazie al fatto che vive in un mondo solitario (il nome locale dell'Everest è Chomolungma, che significa “la madre del mondo”), la neve e il ghiaccio accumulatosi in decine di migliaia di anni sono suoi "amici" inseparabili. Da 20 anni lui acompagna gli alpinisti sull’Himalaya per far conoscere a loro i suoi "migliori amici". Tuttavia, dopo aver accompagnato gli escursionisti europei all'Everest già 8 volte, ancora non ha capito per quale motivo la gente sale sulle sommità delle montagne con tanti sacrifici. 

Tuttavia, rimanendo con il dubbio nella mente senza riuscire a darsi una risposta, attualmente Lambabu è occupato ad imparare la nuova tecnica dell'alpinismo. Anzi, deve impararla. “In questi giorni sto imparando ad arrampicarmi. Da quando le montagne hanno cominciato ad "esporre" il loro aspetto. Infatti, con la fusione dei ghiacci, le rocce precedentemente ricoperte dai ghiacci restano scoperte. Perciò, se voglio essere sempre richiesto (come sherpa), devo imparare ad arrampicarmi”, ha spiegato con uno sguardo triste. 

Guardando le nevi perenni sulle catene dell’Himalaya che circondano la sua città come un paravento, dice con gli occhi socchiusi: “i dintorni del Chomolungma sono cambiati molto. 20 anni fa le cascate di ghiaccio (in inglese, icefall - sono delle distese di ghiaccio sull’Himalaya lungo i pendii ripidi) attorno ai campi base dell’Everest si estendevano fino alle falde. Gli icefall adesso si sono ritirati al di sopra dei campi base. Mi pare che i ghiacciai si siano ritirati per un'estensione frontale pari a 4-5 km. La fusione dei ghiacciai è anche la causa principale dell’aumento dei laghi glaciali ed epiglaciali”. Egli ha continuato dicendo: “è raro che la gente delle tribù sherpa conosca i cambiamenti climatici e l'effetto serra”. Lambabu ha infatti confessato di aver capito di cosa si tratti solo da pochi giorni. “Per i team di alpinisti è importante conoscere il tempo sulle montagne, ma purtroppo ultimamente è difficile fare la previsione. Dopo la stagione delle piogge, normalmente non nevica più in ottobre e novembre, cioé durante la stagione dell’alpinismo. Ma, stranamente, non è più cosi”, ha brontolato. Presso le tribù minori, sulle alte montagne, dove la quota di analfabetismo supera il 60%, le parole “cambiamenti climatici” sono sconosciute. La rapidità dei cambiamenti climatici rende inoltre difficile far riconoscere le gravi alterazioni che accadono intorno a noi.

All’ICIMOD (International Centre for Integrated MOuntain Development), che si occupa dell’ambiente e della biodiversità dell’Himalaya, si effettuano degli studi che verificano scientificamente i cambiamenti dell'ambiente che accadono sull’Himalaya. Questo centro si trova
nella periferia dell'antica città di Patan, a 1 ora di distanza da Kathmandu, città piena di inquinamento e di suoni di clacson. Nell’atrio dell’ICIMOD, ci sono le foto che testimoniano i luoghi sofferenti di inquinamento sull’Himalaya. Il glaciologo Samzwal Latna Bazracharya dell’ICIMOD (si veda un riferimento sul Mountain Forum Bullettin di luglio 2007) ha detto: “dal punto di vista dell’esperto, la fusione dei ghiacci himalayani è preoccupante”. Il glaciologo ha dimostrato i dati del WWF (World Wildlife Fund) che confermano che oltre il 67% dei ghiacciai sull’Himalaya stanno fondendo. L’UNDP (United Nations Development Programme) ha lanciato un allarme: se l’andamento della fusione continua con la velocità attuale, tra 50 anni non ci sarà più traccia di ghiaccio.

Bazrachrya continua: "un esempio tipico di fusione lo si trova sul ghiacciaio Gangutri, su cui nasce il fiume Ganziz. Il ghiacciaio fino al 2000 presentava una fusione pari a 18 metri di spessore all’anno, ma dopo il rateo di fusione è accelerato sempre più fino al valore odierno di 25 metri all'anno. Un esempio estremo è presente sul ghiacciaio Imja dell’Everest, che fonde al ritmo di 74 metri all'anno. Nel breve periodo, la fusione dei ghiacciai himalayani forma i laghi glaciali ed epiglaciali. Siccome il ghiaccio non è certo un buon materiale per funzionare da argine, quando i laghi non potranno più contenere l'acqua, potrebbero generarsi delle alluvione e delle frane. Nel lungo periodo, quanto più i ghiacciai diminuiranno, tanto più si ridurrà la quantità di acqua utilizzabile, ed il risultato sarà la carenza dell’acqua potabile. 

Per gli abitanti delle alte montagne dell’Himalaya, più che le frane, il problema è il GLOF (Glacial Lake Outburst Flood - si veda questo sito dell'UNEP), che è una specie di alluvione la cui la causa è l'improvviso collasso di un lago glaciale o epiglaciale (si vedano ad esempio i resoconti della Società Meteorologica Italiana sul lagoeffimero Belvedere e sul lago effimero glaciale del Rocciamelone e dell'ARPA Piemonte sul lago glaciale del Belvedere). Manmano, la fusione dei ghiacci forma dei laghi nei quali, a causa del continuo aumento del livello del lago e dell'instabilità dell'argine, la probabilità di alluvioni diventa sempre più alta. Praticamente gli abitanti è come se vivessero con una bomba a orologeria nella situazione in cui non si sa quando esplode.

Anche il glaciologo Samzwal dell’ICIMOD si rende conto che il GLOF è un esempio comune dei cambiamenti climatici himalayani. Lui dice con voce rotta: “è un fenomeno terrificante. L’inondazione causata dal collasso di un lago epiglaciale, che si trova di solito ad altitudini al di sopra dei 4,000 metri, scendendo lungo i ripidi canaloni montani, distrugge tutto ciò che incontra lungo il suo percorso”. Attualmente, lungo tutte le falde dell’Himalaya ci sono 15,000 ghiacciai e 9,000 laghi glaciali. Il problema grave è che il numero di laghi glaciali è in aumento, e tra di essi circa 200 sono in condizioni di GLOF. Il glaciologo ha detto che, solo in Nepal, ci sono 3200 ghiacciai e 2300 laghi glaciali, tra cui 30 sono sul punto di collassare!

Una delle particolarità dei cambiamenti climatici è quella che ad essi sono associati eventi anormalità ed estremi; cioè, non nevica o non piove nella stagione in cui dovrebbe farlo, oppure, se ci sono precipitazioni, si verificano come tempeste di neve o piogge torrenziali. Allo stesso modo, d'inverno non fa freddo, e d'estate non fa caldo. Il biologo, Dott. Nacul Cherti dell’ICIMOD, ha affermato: “il Nepal è un testimone vivente dei cambiamenti climatici sulle alte montagne, nelle quali la biodiversità è più sensibile. Sia le varie culture delle tribù minori di alta montagna sia la biodiversità, che varia dalle piante subtropicali alle piante di alta montagna, stanno scomparendo. L'indebolimento della biodiversità porterà inevitabilmente all'estinzione degli uomini.

Un esempio estremo dei cambiamenti climatici in Nepal è stato la tempesta di neve avvenuta l'anno scorso, a febbraio, a Kathmandu che è situata in una zona collinare dove normalmente non nevica. Una nevicata a febbraio non si verificava da 62 anni. Un ricercatore dell’IUCN (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura) ha illustrato a Mingmanorbu con orrore le reazioni dei connazionali nel vedere la neve: “tranne poche tribù sulle alte montagne, il resto degli abitanti del paese non ha mai avuto l'occasione di vedere la neve. Non si poteva credere nel vedere la confusione provocata dalla tempesta di neve. Alcuni erano felici nel vederla. Ma io no, anzi ne avevo paura”.

Ora la neve perenne sull’Himalaya, il cosiddetto “tetto del mondo”, sta fondendo rapidamente. Gli abitanti nepalesi sono ansiosi di osservare le anomalie climatiche sulle loro montagne con le quali vivono in armonia. L’Himalaya, che offre costantemente una generosità infinità e tante ricchezze naturali agli uomini, pertanto, sta mandando un allarme muto all'umanità.

Il testo qui riportato è un adattamento della notizia originariamente apparsa nel febbraio 2008 sul notiziario del giornale web Daum (http://issue.media.daum.net/environment/200802/11/khan/v19910172.html). Traduzione dal coreano a cura di Baek Nan-Young

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