Torino, 10 marzo 2008
Oggi il dottor Antonello Pasini, ricercatore dell'istituto sull'inquinamento atmosferico del CNR, è intervenuto alla seconda conferenza nell'ambito della mostra sui cambiamenti climatici al Museo di Scienze Naturali di Torino intitolata “I tempi stanno cambiando”. Alla conferenza il pubblico è intervenuto numeroso.
Nel corso della sua conferenza, Antonello Pasini è partito da alcuni concetti di base sui cambiamenti climatici, per poi introdurre alcune evidenze sperimentali dei cambiamenti in atto, e far vedere alcune coincidenze e correlazioni, come ad esempio la diminuzione della temperatura media troposferica e il conseguente aumento della temperatura media stratosferica avvenuti poco dopo le tre violente eruzioni vulcaniche che si sono verificate negli ultimi quarant'anni, e precisamente l'eruzione del vulcano Agung (20 marzo 1963), quella del vulcano El Chichon (dal 28 marzo 1982) è l'ultima, più recente, del vulcano Pinatubo (giugno 1981).
Sempre parlando di coincidenze e correlazioni, Pasini ha continuato mostrando l'analogia degli andamenti della temperatura media globale negli ultimi 400,000 anni e gli andamenti corrispondenti delle concentrazioni di biossido di carbonio e metano, tutte derivate dalla calotta glaciale di Vostok, in Antartide. Un altro esempio di correlazione evidente è quella tratta dal lavoro su Nature di Emanuel (2005 - si veda su questo sito) in cui si mostra come la temperatura media superficiale dell'oceano Atlantico tropicale, zona di formazione degli uragani che interessano i Caraibi il Messico in America orientale, sia ben correlata a un indice chiamato Pci che rappresenta il potere distruttivo degli uragani stessi.
A questo punto, Pasini ha introdotto le due strategie di indagine attualmente utilizzate in climatologia. Due strategie di indagine che lui ha ricondotto, con un'analogia interessante, alle filosofie scientifiche di Aristotele da una parte e di Galilei dall'altra. Per meglio spiegare questo concetto, Pasini ha raffigurato l'atteggiamento del climatologo all'atteggiamento di un bambino di fronte ad un nuovo giocattolo: alcuni bambini hanno un atteggiamento più riflessivo e studiano il giocattolo, mentre altri hanno un atteggiamento più aggressivo e smontano il giocattolo, cercando di isolarne i singoli pezzi.
Il clima è in realtà un oggetto molto complicato da smontare. Complicato? in realtà, la parola giusta da usare non è complicato, ma complesso: se nella lingua italiana le parole "complicato" e "complesso" possono essere considerate quasi dei sinonimi, in fisica esse hanno un significato totalmente diverso. Un processo complicato è un processo in cui intervengono molti fattori, ma in cui il risultato finale è la somma dei singoli risultati di ogni singolo fattore. Un processo complesso, invece, è un processo in cui il risultato finale non è semplicemente la somma dei singoli fattori, in quanto i processi interagiscono tra di loro in modo non lineare, e a volte i risultati vanno a combinarsi con le forzanti iniziali e possono amplificare o ridurre gli effetti finali.
Un esempio tipico in climatologia è quello che viene comunemente chiamato feedback (in italiano, retroazione) ghiaccio-albedo. Supponiamo che, per qualche motivo, la temperatura media della terra aumenti: in questo caso, le zone della terra ricoperte da ghiacci tenderanno a ridursi, poiché i ghiacci, a causa della maggiore temperatura, tenderanno a fondere. Siccome i ghiacci riflettono molto più efficacemente la radiazione solare rispetto alla terraferma oppure agli oceani, se le zone coperte da ghiacci si riducono, il sistema terra riceverà più energia da parte del Sole e quindi tenderà a riscaldarsi maggiormente, incrementando a sua volta la temperatura. Dunque vediamo che, per questo meccanismo, l'incremento iniziale di temperatura comporta un ulteriore incremento di temperatura. Si potrebbe dimostrare che, allo stesso modo, una diminuzione di temperatura comporterebbe un'ulteriore diminuzione di temperatura. Un meccanismo di questo tipo viene chiamato feedback positivo in quanto il risultato va a incrementare la variazione iniziale. Di feedback come questo, ha continuato Pasini, ce ne sono moltissimi nel clima, così come ci sono anche molti feedback negativi, cioé che invece vanno interagire in modo contrario con una variazione iniziale: un'esempio di questi ultimi è quello delle nubi basse.
A questo punto, ogni scienziato sperimentale tenderebbe a cercare di riprodurre degli esperimenti in laboratorio per studiare i feedback del sistema clima. Il problema è che un laboratorio tale da riprodurre tutti i meccanismi del sistema climatico dovrebbe essere praticamente uguale al pianeta stesso, cioè dovremmo avere un altro pianeta su cui effettuare i nostri esperimenti. È chiaramente impossibile. Pasini ha continuato dicendo che la soluzione che è stata trovata dalla climatologia moderna è quella di eseguire degli esperimenti numerici, cioè di utilizzare i calcolatori elettronici. Il laboratorio tradizionale viene quindi ad essere sostituito dal cosiddetto laboratorio virtuale, in cui gli esperimenti vengono effettuati utilizzando dei modelli di simulazione. Un modello è una sequenza di istruzioni in un linguaggio di programmazione che può essere scomposto in sottosistemi, ognuno dei quali riproduce uno o più fenomeni fondamentali. La complessità della realtà viene riprodotta attraverso uno o più sistemi di equazioni, ed in questo modo si crea una relazione biunivoca tra le quantità fisiche reali e le variabili nel modello. Nel tempo, i modelli climatici hanno incorporato sempre più processi al loro interno, a partire da quelli propri del sistema atmosferico, dei processi alla superficie terrestre, degli oceani, le dinamiche degli aerosol e delle particelle presenti nell'atmosfera, il ciclo del carbonio, la vegetazione dinamica, la chimica dell'atmosfera, e così via.
A questo punto, Pasini si è soffermato su una delle domande tipiche che vengono fatte dal pubblico attento: sappiamo che non riusciamo a prevedere il tempo meteorologico oltre i 7-10 giorni; come possiamo allora pretendere di prevedere il clima per decenni o secoli nel futuro? La risposta è inserita da un lato nel fatto che il fluido atmosferico ha un comportamento intrinsecamente caotico, e dall'altro nel concetto stesso di clima. Per conoscere il clima occorre un approccio di tipo statistico, per cui, quando si esegue una simulazione di tipo climatico, non si va a vedere la previsione relativa al singolo giorno, ma la distribuzione statistica delle previsioni su un intervallo climaticamente importante, cioè un trentennio o un periodo ancora più lungo. Insomma, se faccio girare un modello di clima, non vado a vedere la previsione del 17 agosto 2073 ma invece guardo come si distribuiranno le temperature medie estive su una regione (per esempio l'Europa) nel trentennio 2071-2099.
Dopo questa introduzione sui modelli climatici, Pasini ha cercato di spiegare perché esistono diversi modelli che ricostruiscono il clima del passato, e che quindi prevedono il clima nel futuro. Senza entrare nei dettagli tecnici, ha fatto notare come, malgrado le equazioni di base dei vari sistemi simulati dai modelli numerici siano note, a volte sono necessarie delle parametriche azioni che devono essere bilanciate attraverso la calibrazione di alcuni coefficienti numerici. Ciò fatto, è possibile testare il modello numerico per vedere se è in grado di riprodurre il clima passato. Il periodo tipico su cui vengono eseguiti i test dei modelli climatici è quello relativo agli ultimi 150 anni, di cui diaponiamo dei dati termometrici. Pasini ha mostrato come, avendo a disposizione un modello i cui dati iniziali e al contorno possono essere variati a piacere, è possibile effettuare diverse simulazioni variando i dati iniziali ed i dati al contorno.
Un esempio tipico è quello delle simulazioni del clima degli ultimi 150 anni effettuate utilizzando i dati osservati dell'attività solare ed imponendo invece costanti i dati delle concentrazioni di gas serra. Questa simulazione viene normalmente chiamata "naturale" e mostra che la temperatura media calcolata dal modello climatico è sensibilmente diversa da quella osservata. Un'altra simulazione che è possibile effettuare con i modelli climatici è quella inversa: mantenere costante l'attività solare ed invece imporre che le concentrazioni di gas serra siano effettivamente uguali a quelle misurate. In questo modo si vede che la temperatura media calcolata dal modello assomiglia molto di più alla temperatura media osservata. Se, poi, i dati al contorno vengono imposti tutti uguali alle osservazioni, si vede che la ricostruzione è ancora migliore.
A questo punto, Pasini ha introdotto una diversa strategia di costruzione di un modello climatico: i modelli a rete neurale. Il modello a rete neurale può essere considerato un paradigma alternativo, di struttura completamente diversa rispetto ai modelli climatici tradizionali (basati fondamentalmente su modelli di circolazione atmosferica oceanica). È quindi interessante vedere a quali risultati conduce l'applicazione di queste tecniche modellistiche. Pasini ha mostrato come le simulazioni effettuate con modelli a reti neurali riproducano gli andamenti della temperatura negli ultimi 150 anni praticamente in maniera analoga alle previsioni dei modelli tradizionali. Questo risultato è già di per sé molto interessante perché l'utilizzo di due tecniche modellistiche completamente diverse ha portato a risultati del tutto simili e quindi questo da un lato rafforza la fiducia nei modelli e dall'altro rafforza anche la fiducia nei risultati ottenuti.
Nell'ultima parte della rappresentazione, Pasini ha prospettato l'utilizzo di tecniche a reti neurali in modo non alternativo ai modelli tradizionali ma in modo combinato, in maniera tale da, per esempio, essere in grado di ricostruire le variazioni a scala più piccola a partire dalle previsioni dei modelli climatici a bassa risoluzione. Questo fatto può essere molto importante per cercare di ricostruire dei dettagli a più piccola scala per quanto riguarda le previsioni climatiche per il futuro, in maniera tale da avere un'idea più precisa dei valori delle variabili su microregioni. A questo proposito, egli ha portato alcuni esempi di ricerche che attualmente lui sta portando avanti. Il dettaglio dei valori climatici alla mesoscala è di estrema importanza perché potrebbe consentire una più attenta pianificazione delle attività umane e potrebbe consentire di identificare con largo anticipo situazioni a rischio che potrebbero avere conseguenze negative sulle attività umane. A questo proposito, Pasini ha fatto l'esempio delle previsioni relative alla produttività agricola dei Paesi sviluppati ed in via di sviluppo eseguite alla NASA, mostrando come le attuali previsioni lanciano un allarme sulla disponibilità alimentare per la fine del secolo in alcuni Paesi in via di sviluppo.
Pasini ha concluso dicendo che, dal punto di vista scientifico, è sempre conveniente esaminare problemi complessi da più punti di vista, tra di loro alternativi, ma che eventualmente possono interagire fattivamente, come ad esempio i modelli tradizionali e di modelli a rete neurale. In ogni caso, le previsioni di qualsivoglia modello di tipo climatico forniscono dei risultati che devono essere tenuti in considerazione anche dai politici al fine di effettuare delle scelte compatibili con il clima in maniera tale da consentire la prosperità della nostra società.
Mi fa inoltre piacere segnalare in questa occasione il blog sul clima di Antonello Pasini "Il Kyoto fisso", che si trova sul sito del Sole 24 ore.
La prossima conferenza, "Il progetto EPICA: passato, presente e futuro del clima dai ghiacci polari", sarà tenuta dal dr. Massimo Frezzotti, dell'Enea di Roma, il prossimo 14 marzo, sempre alle 17.45, al museo.