"Prevedere il clima futuro: pregi e limiti dei modelli numerici": la conferenza di Filippo Giorgi a Torino

Torino, 19 maggio 2008

Oggi il dr. Filippo Giorgi, un fisico dell'ICTP (International Centre for Theoretical Physics) di Trieste, ha tenuto la sesta conferenza dal titolo "Prevedere il clima futuro: pregi e limiti dei modelli numerici", nell'ambito della mostra sui cambiamenti climatici al Museo di Scienze Naturali di Torino intitolata “I tempi stanno cambiando”. Come al solito, riporto qui di seguito un breve riassunto degli argomenti trattati.

Vorrei subito premettere che Filippo Giorgi è anche l'unico scienziato italiano presente nell'organo esecutivo dell'IPCC, ovvero l'Intergovernmental Panel of Climatic Change, l'organizzazione delle Nazioni Unite che raggruppa centinaia di studiosi del clima dalla formazione più disparata provenienti da tutte le nazioni del mondo, e che ha ottenuto l'anno scorso il premio Nobel per la pace. Giorgi non solo fa parte dell'IPCC, ma dall'aprile 2001 è il viceChair del Gruppo di lavoro n° 1 dell'IPCC, quello che si occupa della parte fisica dei cambiamenti climatici. Giusto per fare chiarezza, vorrei anche sottolineare che i ricercatori che collaborano con l'IPCC non sono dipendenti delle Nazioni Unite, ma sono dei ricercatori o comunque degli scienziati appartenenti a svariate organizzazioni che collaborano e svolgono ricerche su argomenti di climatologia con lo scopo di prevedere il clima futuro utilizzando dei modelli affidabili. Ognuno di questi scienziati ha la propria specializzazione: Filippo Giorgi è un fisico e si occupa di modellistica del clima.

Nel corso della conferenza, il dr. Giorgi ha illustrato in dettaglio come sono fatti i modelli climatici, ha parlato a lungo dell'affidabilità delle loro previsioni, e ha poi fatto vedere come tale modelli vengono utilizzati e applicati per le previsioni dei "cambiamenti climatici", ponendo l'accento anche sulle principali incertezze di tali previsioni. 

Un modello climatico è un insieme di equazioni differenziali che descrivono i processi (fisici, chimici, ecc.) che avvengono nel sistema climatico terrestre, che è uno dei più complessi in natura in quanto comprende l'atmosfera, la biosfera, le terre emerse e gli oceani. Tali processi sono di vario tipo e coinvolgono trasferimenti di energia (radiazione solare e terrestre), massa (aria, acqua, aerosol, inquinanti, particolato, vapore acqueo, ecc.) e quantità di moto (vento). La categoria dei modelli climatici comprende una gerarchia di modelli di complessità crescente (dai più semplici, come quelli che approssimano il sistema climatico terrestre a un punto materiale, a quelli che contengono l'accoppiamento tra le varie componenti del sistema), ognuno dei quali può essere utilizzato per studiare un determinato aspetto del clima e per effettuare delle previsioni. 

Il clima è una proprietà che riguarda l'atmosfera, per cui ogni modello climatico deve contenere un set di equazioni che descrivono le sue proprietà. Esse sono: quelle di conservazione della quantità di moto (vento), dell'energia (temperatura), della massa (densità), dell'acqua (ciclo idrologico), più l'equazione di stato (pressione). A queste equazioni sono associate altre equazioni che descrivono le proprietà delle altre componenti del sistema climatico (l'oceano le terre emerse, la biosfera). In ogni caso, le equazioni di un modello climatico vengono risolte numericamente suddividendo l'atmosfera e gli oceani in un grigliato tridimensionale la cui distanza fra i punti determina la risoluzione del modello. Su ogni punto griglia vengono definite le variabili del modello e risolte le equazioni. È evidente che i processi che avvengono a scale più piccole della distanza tra i punti griglia (ad esempio, i temporali, gli uragani, ecc.) non sono risolti esplicitamente dal modello e devono quindi essere reinseriti in qualche modo nel modello stesso; questa operazione, in gergo, viene detta parametrizzazione, cioè espressione di una realtà fisica mediante un'equazione approssimata che faccia uso di parametri da determinare in modo empirico. 

A questo punto, Giorgi ha posto la domanda: "quanti punti griglia può contenere un modello climatico?" La risposta è: "un numero sufficiente per garantire il modello possa dare i risultati in un tempo ragionevole". Pertanto, la risoluzione spaziale del modello dipende dalla potenza di calcolo dei computer. Per i modelli di clima a scala globale, essa è aumentata da circa 500 km nel 1980 a circa 100 km odierni (stiamo parlando di modelli globali). Si tratta di un notevole incremento nella risoluzione, ma non è ancora sufficiente per rappresentare i fenomeni che avvengono a scale locali. Per aumentare la risoluzione  delle uscite dei modelli globali, si fa uso dei modelli regionali

Una domanda che, al giorno d'oggi, si sente molto spesso porre agli studiosi del clima, soprattutto da parte dei cosiddetti negazionisti, è la seguente: "i modelli climatici sono affidabili?". Per rispondere a questa domanda, Giorgi ha dapprima spiegato come vengono validati i modelli. Si utilizzano le osservazioni (rese omogenee sia nello spazio sia nel tempo, cioè adattate al grigliato usato dal modello: quest'operazione, in gergo, viene chiamata analisi) effettuate dalle stazioni a terra e dai satelliti. Un primo modo per valutare l'affidabilità dei modelli è quindi quello di verificare se essi sono in grado di riprodurre le caratteristiche salienti della circolazione generale dell'atmosfera terrestre attuale dal punto di vista climatico: ad esempio, la distribuzione della temperatura nella troposfera, il pattern di circolazione dei venti, la distribuzione geografica delle precipitazioni, ecc.. Per fare questo, li si fa funzionare facendoli partire dal passato, per esempio dal secolo scorso. In generale, i modelli prevedono molto bene i valori tipici delle grandezze più caratteristiche, mentre commettono qualche errore nella determinazione di variabili più "complicate", come ad esempio i flussi di calore sensibile e latente. In ogni caso, si può concludere che i modelli sono in grado di riprodurre il clima attuale

Un altro aspetto che non va trascurato, ha proseguito Giorgi, è quello dell'influenza della risoluzione sulla qualità della previsione: i modelli regionali possono offrire un notevole valore aggiunto nella simulazione dei climi locali. Per onestà, è necessario comunque anche sottolineare i principali difetti dei modelli. I modelli di clima simulano male i processi fisici che avvengono nelle nubi e, di conseguenza, i fenomeni tropicali, per cui la performance dei modelli peggiora quando si va a scale temporali più brevi, ad esempio nella simulazione degli eventi estremi

Prevedere il clima futuro è una cosa complessa, perché accanto ai fattori naturali che possono influenzare il clima (l'attività vulcanica, le variazioni dell'attività solare, e la variabilità naturale intrinseca del clima, espressa ad esempio dal fenomeno El Niño) vanno tenuti in considerazione anche i fattori antropici (l'incremento dei gas serra, la presenza degli aerosol atmosferici e i cambiamenti dell'utilizzo del territorio da parte delle attività umane). I modelli climatici ci possono però aiutare a risolvere il cosiddetto problema dell'attribuzione: che cosa sta causando realmente il riscaldamento globale? sfruttando la proprietà di ogni modello di poter essere utilizzato variando i dati ad esso forniti, è possibile ripetere diverse simulazioni nelle quali le forzanti fornite in ingresso al modello siano diverse: ad esempio, si vede che lo stesso modello non riproduce le temperatura media globale osservata nell'ultimo secolo quando viene inizializzato con le concentrazioni di gas serra che non tengono conto dell'effetto delle attività umane. Questo avviene sia a livello globale, sia scorporando le previsioni dei modelli sui singoli continenti o sugli oceani. 

Per la previsione del clima nel prossimo secolo, i modelli sono stati inizializzati in modo diverso utilizzando il concetto degli scenari. Uno scenario rappresenta un insieme di valori corrispondenti a una determinata previsione dell'andamento dell'economia mondiale. Normalmente, si prendono in considerazione due scenari: lo scenario A2 (pessimistico), che corrisponde a un incremento pressoché lineare nel tempo delle emissioni di gas serra, e lo scenario B2 (ottimistico), che corrisponde invece a una diminuzione delle emissioni di gas serra a partire dalla metà del 21° secolo. Venti diversi modelli sono stati utilizzati per generare le simulazioni per l'IPCC; ogni modello risponde in maniera diversa allo stesso scenario di emissione di gas serra a causa delle diverse parametrizzazioni dei fenomeni fisici al suo interno. Questa caratteristica dei modelli viene chiamata, in gergo, "climate sensitivity". 

Tuttavia, nei risultati, Giorgi ha evidenziato che c'è una costante comune a tutti i modelli ed a tutti gli scenari: la temperatura è prevista, globalmente, sempre in aumento, così come la precipitazione. Pertanto, a livello globale, farà più caldo e pioverà di più. Andando a discriminare le previsioni ad una scala più regionale, si notano altri cambiamenti previsti per il ventunesimo secolo: i cicloni tropicali ed extratropicali saranno più intensi; aumenteranno in numero ed intensità i casi di temperature estreme (soprattutto le onde di calore) e di eventi siccitosi; ma paradossalmente aumenterà anche l'intensità delle precipitazioni e, quindi, i fenomeni a carattere alluvionale (non necessariamente nelle stesse regioni del globo), cioè aumenterà la variabilità climatica; i ghiacciai e, soprattutto, i ghiacci marini continueranno a sciogliersi, contribuendo all'indebolimento della circolazione globale oceanica

Alcune regioni del mondo saranno più soggette di altre a tale variazione: ad esempio, l'area del Mediterraneo sarà una delle aree più sensibili, in quanto sono previste temperature più alte della media e precipitazioni più basse della media, soprattutto d'estate, nella fascia compresa tra Spagna, Italia, Grecia, Turchia e Nordafrica. In gergo, si dice che il Mediterraneo è un "climate change hot-spot". Inoltre, le previsioni dei modelli climatici per quanto riguarda la regione del Mediterraneo si dimostrano particolarmente omogenee, cioè tutti i modelli indicano un incremento della temperatura e una diminuzione delle precipitazioni, in maniera particolare per quanto riguarda la stagione calda. 

Il dr. Giorgi ha concluso il suo seminario illustrando quali sono le principali incertezze dei modelli climatici, cioè i punti in cui i ricercatori stanno investendo in questo momento molte delle loro risorse per migliorare la capacità predittiva dei modelli: gli effetti delle nubi e degli aerosol, la parametrizzazione della convenzione tropicale, gli effetti del cambiamento dell'utilizzo del territorio (soprattutto dal punto di vista degli scenari di previsione), e la rappresentazione del ciclo del carbonio (vale a dire la previsione della distribuzione della vegetazione nel mondo).

Al termine della conferenza, il numeroso pubblico intervenuto ha rivolto numerosissime domande al dr. Giorgi, che gli hanno permesso di approfondire alcuni argomenti.

La prossima conferenza, "Clima e vegetazione: dai pollini fossili agli scenari futuri", sarà tenuta dalla prof.ssa Rosanna Caramiello, dell'Università di Torino, il prossimo 30 maggio, sempre alle 17.45, al museo.

Le figure che seguono sono state tratte dalla presentazione di Giorgi, che a sua volta le ha tratte dall'IPCC
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Schematizzazione dei processi fisicinel sistema climatico terrestre, uno dei più complessi in natura. Il problema, come si vede, è complesso, poiché ogni freccia presenti in questo diagramma va esplicitata con delle equazioni differenziali all'interno di un modello climatico.

Esempio di discretizzazione dell'atmosfera terrestre: l'atmosfera viene suddivisa in un grigliato tridimensionale e si vengono così a individuare dei piccoli "cubetti" per ognuno dei quali andranno risolte le equazioni del modello climatico.

La legge di modo che evidenzia la rapidità del progresso della velocità di calcolo dei computer: si tenga conto che l'asse delle ordinate e espresse in scala logaritmica, e ogni tacca rappresenta un fattore 100.

Questo doppio grafico mostra come viene rappresentata l'orografia con una risoluzione di 300 km (sopra) e 30 km (sotto): nel grafico di sopra le gare azzurre rappresentano il mare. Si vede come l'Italia meridionale, isole incluse, così come la Grecia, non esistono nel modello. Guardando questa rappresentazione, si deve tener conto che anche le uscite dei modelli devono essere interpretate allo stesso modo.

Questo grafico mostra il grigliato di un modello regionale innestato all'interno di un modello globale: si note come il grigliato sia molto più fitto permetta quindi una risoluzione molto più alta delle caratteristiche geografiche e, quindi, anche dei risultati dei modelli.

Il rateo di precipitazione mediato su tutte le longitudini previsto da alcuni modelli (linee colorate) paragonato con le osservazioni (linea nera spessa). Il grafico superiore si riferisce all'inverno boreale, mentre il grafico inferiore si riferisce all'estate boreale: si nota come, in tutte due i casi, i modelli ricostruiscano bene la distribuzione geografica delle precipitazioni.

Questi quattro grafici esemplificano l'effetto della risoluzione del modello nella ricostruzione di alcuni campi climatici. Sono rappresentate le precipitazioni relative al periodo 1979-83 calcolate da un modello globale con risoluzione di 300 km (in alto a sinistra), di 50 km (in alto a destra), di un modello regionale con risoluzione di 25 km (in basso a sinistra) e le osservazioni relative al periodo 1961-90.

Il grafico superiore si riferisce a simulazioni condotte con svariati modelli tenendo in considerazione sia le forzanti naturale sia quelle antropiche. La fascia arancione rappresenta l'inviluppo di tutte le simulazioni, la linea rossa spessa rappresenta la media delle simulazioni, mentre la linea nera rappresenta le osservazioni: si nota come la linea rossa e la linea nera siano pressoché coincidenti. Nel grafico inferiore, la linea blu rappresenta le medie delle simulazioni degli stessi modelli precedenti forzati dai dati naturali senza tener conto dell'effetto antropico: si vede come, soprattutto a partire dal 1950, le due linee divergano completamente e, in particolare, non venga previsto l'incremento della temperatura registrato negli ultimi decenni.

Le simulazioni mostrate nella figura precedente sono qui scorporate per aree geografiche: si nota come il discorso non cambi minimamente.

Andamento della temperatura media globale e della precipitazione media globale previsto da diversi modelli climatici guidati dagli scenari A2 (a sinistra) e B2 (a destra).

proiezione dei cambiamenti climatici sull'Europa eseguito utilizzando ventuno modelli globali guidati dallo scenario A1B ( abbastanza pessimistico). La prima colonna si riferisce alla media annuale, la seconda all'inverno e la terza all'estate. Si notti la linea di demarcazione a cavallo delle Alpi.

Dettaglio delle proiezioni dei cambiamenti climatici sull'Italia eseguito utilizzando dieci modelli regionali con lo scenario A2. Tutti i grafici si riferiscono al trentennio 2070-2100 e sono espressi come anomalie rispetto al trentennio 1961-90.
 

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