Il ritardo delle temperature rispetto alle concentrazioni di CO2 nei dati antartici

Torino, 19 marzo 2009

Sebbene dati ormai quasi due anni, a mio giudizio è del tutto attuale rileggersi quanto ha scritto Eric Steig, geochimico dell'Università di Washington a Seattle, il cui primario interesse di ricerca è l'utilizzo della documentazione (record) dei carotaggi glaciali per documentare la variabilità climatica del passato. L'attività di ricerca di Steig comunque spazia anche sulla storia geologica delle carote glaciali, sulla dinamica delle lingue glaciali e, in generale, del clima, oltre che, ovviamente, sulla chimica dell'atmosfera. 

I dati e le argomentazioni da lui citati sono infatti molto utili per comprendere da un lato la complessità dei meccanismi che regolano il clima e, dall'altro, come siano del tutto inconsistenti alcune delle critiche mosse dai cosiddetti "negazionisti dei cambiamenti climatici" sul fatto che l'attuale incremento delle concentrazioni di CO2 possa avere come effetto un incremento delle temperature. Del resto, come si vedrà sul pensiero successivo, purtroppo gli ultimi dati a disposizione mostrano che i risultati dei modelli sembrano addirittura sottostimati (mentre si passa il tempo a discutere, e mentre taluni mettono in dubbio addirittura l'esistenza del riscaldamento globale - si veda ad esempio questo congresso organizzato dal governo italiano - , il riscaldamento stesso galoppa a ritmi rapidi...), confermando la cautela adottata dai diversi gruppi di lavoro dell'IPCC nella selezione degli intervalli e nella valutazione delle forzanti, ma anche gli aggettivi (very likely, likely, ...) utilizzati per valutare l'affidabilità della conoscenza nei singoli punti.

È quindi per questo motivo che ho deciso di tradurre integralmente per voi il post di Steig apparso qui su Real Climate lo scorso 27 aprile 2007 (traduzione in rosso granata).

Quando tengo delle conferenze sui cambiamenti climatici, la domanda che mi fanno più frequentemente è questa: "Il rapporto tra le emissioni di CO2 e la temperatura che risultano dai carotaggi glaciali [antartici] non mostra che sono le [variazioni di] temperatura a guidare quelle di CO2, e non viceversa?". Alla luce di tutto ciò, suona come una domanda ragionevole. Del resto, non si tratta di una sorpresa, perché questa è una delle più popolari affermazioni fatte dai negazionisti del riscaldamento globale. Inoltre, ha avuto un'alta risonanza circa due settimane fa, quando è stata fatta dal deputato Joe Barton nel suo tentativo di tentare di screditare la testimonianza al Congresso di Al Gore. Barton ha detto:

Naturalmente, coloro che sono stati attenti riconosceranno che Gore non ha sbagliato completamente. Infatti, questo tema è stato affrontato molto bene in molti posti. Infatti, Jeff Severinghaus ha affrontato questo argomento in uno dei nostri primi post di RealClimate già nel lontano 2004. La questione continua a tornare a galla, e Jeff ha recentemente ricevuto una lettera di richiesta al riguardo. His exchange with the letter writer is reproduced in full at the end of this post. La sua risposta allo scrittore della lettera è riprodotta integralmente alla fine di questo post. Qui di seguito c'è il mio pensiero sull'argomento.

Prima di tutto, dire "storicamente" è fuorviante, perché Barton sta in realtà parlando di cambiamenti di CO2 su tempi scala molto lunghi (glaciale-interglaciale). Su tempi scala storici, le emissioni di CO2 hanno sicuramente guidato, e non seguito, le temperature. Ma in ogni caso, non importa per quanto riguarda questo problema (il riscaldamento globale). Noi sappiamo perché le emissioni di CO2 stanno aumentando adesso, e le conseguenze dirette a livello di radiazione delle emissioni di CO2 sul clima sono note da più di 100 anni. In assenza di interventi umani, i livelli di CO2 aumentano e diminuiscono nel corso del tempo, a causa degli scambi di carbonio tra biosfera, atmosfera e oceani e, su tempi molto più lunghi, litosfera (vale a dire le rocce, le riserve di petrolio, carbone, le rocce di carbonato). I tassi di tali scambi sono ora completamente sopraffatti dalla velocità con cui stiamo estraendo carbonio da quest'ultima serie di serbatoi e convertendolo in CO2 atmosferica. Nessuna scoperta fatta con le carote di ghiaccio cambia questi fatti di base.

In secondo luogo, l'idea che ci potrebbe essere un ritardo delle concentrazioni di CO2 nei confronti dei cambiamenti di temperatura (durante i cambiamenti climatici glaciale-interglaciale), non è di certo una novità per la comunità scientifica del clima. Infatti, Claude Lorius, Jim Hansen e altri hanno essenzialmente previsto questo risultato già 17 anni fa, in un articolo di riferimento che ha affrontato la causa delle variazioni di temperatura osservate nelle registrazioni delle carote glaciali antartiche, ben prima che i dati mostrassero che le emissioni di CO2 potrebbero seguire in ritardo le temperature. In tale lavoro (Lorius et al., 1990), essi dicono che:

Quello di cui si parla qui è l'influenza del cambiamento della forzante radiativa stagionale dovuto all'oscillazione della Terra intorno al sole (la ben nota teoria di Milankovitch delle ere glaciali), combinato con il feedback positivo dell'albedo delle coltri glaciali (meno ghiaccio = meno riflessione della luce solare = temperature maggiori) e le concentrazioni dei gas a effetto serra (temperature più elevate = più CO2 = temperature maggiori). Pertanto, sia le emissioni di CO2 sia il volume dei ghiacci dovrebbero apparire un po' in ritardo rispetto alle temperature, a seconda dei tempi di risposta caratteristici di queste diverse componenti del sistema climatico. Il volume dei ghiacci dovrebbe essere in ritardo rispetto alle temperature di circa 10000 anni, a causa del periodo di tempo relativamente lungo necessario per aumentare o ridurre le coltri glaciali. Ci si aspetta che le emissioni di CO2 siano in ritardo sulle temperature di circa 1000 anni, che è il tempo di scala atteso dalle variazioni nella circolazione oceanica e la forza della "pompa del carbonio" (cioè fotosintesi biologiche marine) che trasferisce il carbonio dall'atmosfera all'oceano profondo.

Diversi lavori recenti hanno infatti dimostrato che vi è ritardo di CO2 sulla temperatura. Non sappiamo realmente l'entità di tale ritardo, anche se Barton suppone di sì, perché è molto difficile porre le documentazioni delle emissioni di CO2 da carote glaciali allo stesso tempo di quelli di temperatura dalle stesse carote di ghiaccio, a causa del ritardo temporale nell'intrappolamento dell'atmosfera da quando la neve è compressa in ghiaccio (il ghiaccio, in qualsiasi momento, sarà sempre di età superiore alle bolle di gas che racchiude, e la differenza di età è di per sé incerta). 

Al momento, i migliori calcoli pubblicati mostrano valori simili a quelli citati da Barton (presumibilmente, presi da questo lavoro di Monnin et al. (2001), o da questo di Caillon et al. (2003)). Ma il calcolo può essere fatto bene solo quando la variazione di temperatura è molto elevata, in particolare nelle terminazioni glaciali (il graduale passaggio dal clima freddo glaciale al clima caldo interglaciale). Cosa importante, ci vogliono più di 5000 anni perché questo cambiamento si verifichi, e questo ritardo ne costituisce solo una piccola frazione (anzi, un lavoro recentemente presentato di cui sono a conoscenza suggerisce che il ritardo è addirittura minore di 200 anni). Quindi non è capitato che l'aumento della temperatura è terminato quando le emissioni di CO2 sono iniziate a salire. Piuttosto, vanno molto di pari passo, con la temperatura che continua a salire al crescere delle emissioni di CO2. In altre parole, le emissioni di CO2 si comportano come un amplificatore, come suggerito da Lorius, Hansen e colleghi.

Ora, se c'è una piccola critica che si potrebbe fare a Gore, è quella per come tratta questo tema nel film (come abbiamo già sottolineato nella nostra recensione). Come si può vedere, però, correggere questo punto effettivamente rafforza ulteriormente le affermazioni di Gore, invece di indebolirle. Ecco perché:

La registrazione delle temperature indicata nella carota glaciale non si riferisce al globo terrestre, ma si tratta di un archivio delle variazioni di temperatura locale in Antartide. Il resto del mondo in effetti segue da vicino le variazioni polari, ma le variazioni di temperatura media globale sono inferiori. Anche se non sappiamo esattamente il motivo per cui le variazioni delle emissioni di CO2 si verifichino a lungo termine (i meccanismi sono ben noti, i dettagli no), si sa che per comprendere l'entità delle variazioni della temperatura globale è necessario tener conto delle emissioni di CO2. Questo è un punto critico. Non siamo in grado di spiegare le osservazioni di temperatura senza considerare le emissioni di CO2. Tuttavia, le emissioni di CO2 da sole non spiegano tutte le variazioni, e la relazione tra temperature e CO2 non è quindi in alcun modo lineare. Cioè, ad un determinato quantitativo di incremento delle concentrazioni di CO2 come quello misurato nelle carote glaciali non deve necessariamente corrispondere una certa quantità di aumento della temperatura. Gore mostra la forte correlazione tra temperature e CO2 nei dati dalle carote di ghiaccio, e poi illustra il livello attuale di CO2 (384 ppm), lasciando all'occhio dello spettatore l'estrapolazione della curva di temperatura verso l'alto, in parallelo con l'aumento della CO2. Gore in realtà non fa l'errore di disegnare la curva della temperatura, ma la conseguenza è ovvia: le temperature saliranno molto. Ma, come illustrato nella figura qui sotto, la semplice estrapolazione di questa correlazione nel futuro pone la temperatura antartica a livelli alti, intorno a 10 °C più di oggi, nel prossimo futuro e non al termine ultimo del secolo come nella stragrande maggioranza delle proiezioni (come abbiamo discusso qui).

La temperatura media globale era inferiore durante i periodi glaciali per due motivi principali:

1) c'erano solo circa 190 ppm di CO2 in atmosfera, ed altri importanti gas ad effetto serra (CH4 e N2O) avevano concentrazioni anche inferiori;
2) la superficie della terra era più riflettente, a causa della presenza di molto ghiaccio e neve sul terreno, e molto più ghiaccio marino rispetto a oggi (cioé l'albedo era più elevata). 

Come discusso molto bene da Jim Hansen, nel suo recente articolo su Scientific American, la seconda di queste due influenze è la maggiore, rappresentando circa i 2/3 del totale della forzante radiativa, mentre CO2 e gli altri gas a effetto serra spiegano il rimanente 1/3. Anche in questo caso, ciò era già noto nel 1990, al momento dell'articolo di Lorius et al. precedentemente citato.

Quello che avrebbe dovuto fare Gore è estrapolare la curva di temperatura con un opportuno ridimensionamento di scala - tenendo conto che la CO2 rappresenta circa 1/3 della variazione totale - invece di lasciarlo fare ad occhio dal pubblico. Se avesse fatto così, avrebbe trasmesso l'informazione che solo 1/3 della variazione di temperatura è dovuta alla semplice correlazione con i valori di CO2 mostrati dalle carote glaciali. Questo avrebbe dato l'impressione che il punto di equilibrio per il riscaldamento dell'Antartide dovuto al raddoppio delle concentrazioni di CO2 dovrebbe superate le temperature attuali di circa 3 °C, in ottimo accordo con quanto è previsto da parte dello stato-dell'arte dei modelli climatici (si noti che gli stessi modelli prevedono un significativo ritardo nel raggiungimento dell'equilibrio a causa della grande capacità termica del mare dell'emisfero meridionale, cosa che è in ottimo accordo con i dati, che mostrano un riscaldamento dell'Antartide molto più modesto negli ultimi 100 anni). Quindi, se si scalano le variazioni di temperatura in Antartide con quelle della temperatura globale, allora la sensitività del clima globale al raddoppio delle concentrazioni di CO2 diventa 2-3 °C, perfettamente in linea con la sensitività climatica dell'IPCC (nota dai calcoli di Arrhenius più di 100 anni fa).

In sintesi, i dati fondamentali delle carote glaciali non sono in alcun modo in contraddizione con la nostra comprensione della relazione tra le concentrazioni di CO2 ed i valori di temperatura, e non vi è nulla di fondamentalmente sbagliato in ciò che dice Gore nel film. Inoltre, Gore avrebbe potuto usare i dati delle carote glaciali per sottolineare e dare più forza ad un ulteriore punto: che questi dati forniscono un buon test indipendente della sensitività climatica, che dà un risultato in eccellente accordo con i risultati dei modelli.

A final point. Un ultimo punto: nelle critiche a Gore, Barton sottolinea anche che la CO2 è stata talvolta molto più elevata di quanto lo sia attualmente. Questo è vero: CO2 può aver raggiunto livelli di 1000 parti per milione (ppm) - forse anche molto più elevati - in un lontano passato geologico (ad esempio, nell'Eocene, circa 55 milioni di anni fa). Quello che Barton si è dimenticato di dire è che la Terra era molto, molto più calda in quell'epoca. In ogni caso, è più rilevante che la CO2 non ha mai superato circa 290 ppm nel corso degli ultimi 650.000 anni (almeno), fino all'aumento più recente, inequivocabilmente dovuto alle attività umane.


Qui di seguito c'è la lettera scritta a Jeff Severinghaus, e la sua risposta:

Caro Jeff,

ho letto il tuo articolo "Che cosa ci racconta il ritardo della CO2 rispetto alle temperature nelle carote di ghiaccio sul riscaldamento globale?" Tu dici che la CO2 non avvia il riscaldamento, ma può amplificare i riscaldamenti già in corso. L'ovvia domanda che viene in mente è se i livelli di CO2 sono in ritardo, o no, anche nei periodi in cui inizia il raffreddamento dopo un ciclo di riscaldamento ... anche in uno di 5000 anni?

Se i livelli di CO2 sul pianeta Terra sono in ritardo anche nei periodi di raffreddamento, allora come possono essere, i livelli di CO2, connessi in modo causale ai periodi di riscaldamento terrestre? Non sono sicuro di come le registrazioni delle carote di ghiaccio siano legate ai tempi di risposta di CO2 durante i periodi di raffreddamento. Se ci fosse un ritardo dei livelli di CO2 anche dopo l'inizio di un periodo di raffreddamento, quindi sembrerebbe che i livelli di CO2 non solo non avvierebbero i periodi di riscaldamento, ma sarebbero anche scorrelati con la comparsa dei periodi di raffreddamento. Sembrerebbe quindi che i livelli attuali di CO2 siano piuttosto impotenti come amplificatore in ogni caso... riscaldamento o raffreddamento. Stiamo parlando del pianeta Terra, dopo tutto, e non di Venere, su cui la pressione atmosferica è molte volte superiore a quella della Terra.

Se ci fosse un intervallo di tempo anche dopo l'inizio del raffreddamento, allora sembrerebbe che alcuni meccanismi aggiuntivi guidano attualmente le variazioni di temperatura. Quindi qual è la differenza temporale tra i livelli di CO2 all'inizio di un periodo di raffreddamento al termine di un periodo di riscaldamento e la storia temporale delle variazioni di temperatura nelle carote di ghiaccio?

Caro John,

I raffreddamenti sembrano essere causati principalmente ed inizialmente dall'aumento della distanza Terra-Sole durante l'estate boreale, a causa dei cambiamenti dell'orbita terrestre. Poiché l'orbita non è circolare, ma ellittica, la radiazione solare è inferiore in alcuni momenti dell'anno, rispetto ad altri. Questa è la cosiddetta ipotesi di Milankovitch [veramente si dovrebbe dire "teoria" - Eric], di cui forse hai sentito parlare. Proprio come durante i riscaldamenti, CO2 è in ritardo durante i raffreddamenti di un migliaio di anni, in alcuni casi anche di tremila anni.

Non commettiamo però l'errore di credere che questi riscaldamenti e raffreddamenti debbano avere una sola causa. È ben noto che vi sono coinvolti una molteplicità di fattori, tra cui il cambiamento dell'albedo planetaria, variazioni nella concentrazione di ossido di azoto, in quella di metano, ed in quella di CO2. So che sarebbe intellettualmente soddisfacente il fatto di identificare una singola causa per alcuni fenomeni osservati, ma purtroppo questo non è il modo in cui la natura funziona nella maggior parte dei casi. Né vi è alcun obbligo per cui una sola causa operi nell'intero periodo di tempo del riscaldamento, lungo 5000 anni, ed in quello di raffreddamento, lungo 70000 anni.

Pertanto, non è logico sostenere che, poiché CO2 non provoca riscaldamento o raffreddamento nei primi mille anni o giù di lì, allora non può aver causato riscaldamento neanche nelle molte migliaia di anni del periodo compreso tra i due.

Pensa alle malattie del cuore - uno potrebbe essere tentato di sostenere che una determinata condizione cardiaca del paziente è stata causata esclusivamente dal fatto che ha mangiato patatine fritte a pranzo ogni giorno per 30 anni. Ma in realtà il periodo di 10 anni di mancato esercizio fisico a causa del lavoro sedentario, nel mezzo di questo intervallo di tempo, potrebbe aver avuto un peso decisivo. Solo perché uno stile di vita sedentario non ha causato l'inizio né la fine della formazione delle placche, tu escluderesti che la vita sedentaria possa avere un ruolo di contributo causale? C'è una ricca letteratura su questo argomento. Se sei veramente interessato, ti esorto a leggerla.

Il contributo di CO2 ai raffreddamenti e riscaldamenti glaciale-interglaciale ammonta a circa un terzo dell'ampiezza completa, o circa la metà se si includono il metano e l'ossido di azoto. Pertanto non si può asserire che i gas a effetto serra siano la principale causa delle ere glaciali. Nessuno scienziato credibile ha mai sostenuto questa posizione (anche se nel film di Al Gore era abbastanza implicita). Il contributo guida fondamentale è stato studiato a lungo, e continua ad esserlo, ed è la modifica da parte delle variazioni orbitali della distribuzione dell'irraggiamento solare sulla superficie terrestre, come si è modificata da variazioni orbitali. Questa ipotesi è stata proposta da James Croll nel 19° secolo, raffinata matematicamente da Milankovitch nel 1940, e continua a superare numerosi test critici ancora oggi.

I gas a effetto serra sono considerati più come un feedback biogeochimico, avviato dalle variazioni orbitali, e poi di nuovo retro-alimentato ad amplificare il riscaldamento una volta che è già in corso. Peraltro, il ritardo di CO2 di circa 1000 anni corrisponde abbastanza strettamente al tempo atteso necessario a far "sfiatare" l'eccesso di CO2 derivante dalla respirazione fuori dalle profondità oceaniche attraverso le correnti oceaniche naturali. Così lo sfasamento è abbastanza vicino a quello che ci si aspetterebbe, se CO2 agisse come un feedback. Il tempo di risposta di metano ed ossido di azoto alle variazioni climatiche si misura in decenni. Quindi questi feedback operano molto più rapidamente.

Il contributo quantitativo di CO2 ai raffreddamenti e riscaldamenti delle ere glaciali è pienamente coerente con l'attuale comprensione delle proprietà di riscaldamento della CO2, come è evidente nelle proiezioni dell'IPCC sul futuro riscaldamento di 3±1,5 °C in seguito ad un raddoppio della concentrazione di CO2. Quindi non vi è alcuna incoerenza tra [la teoria di] Milankovitch e l'attuale riscaldamento globale. Spero che questo [discorso] sia illuminante.

Jeff


Oltre al contenuto del post, è interessante anche la lettura degli 81 commenti sul sito originale, tra i quali si trovano alcune delucidazioni illuminanti.

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