Uno degli ultimi post usciti su Real Climate(un sito di cui consiglio assolutamente la lettura periodica per chi non ha problemi a masticare l'inglese e vuole imparare qualcosa sul clima) mi è piaciuto per la sua semplicità nel giustificare l'effetto serra e l'effetto dei gas serra. Trovo questa spiegazione molto utile a scopo didattico, per cui ne propongo qui nel seguito la traduzione. Per coloro che volessero leggere direttamente il testo in inglese, la versione originale si trova qui. L'autore è Rasmus E. Benestad, un fisico affiliato al Norwegian Meteorological Institute e all'Oslo Climate Group (qui qualche notizia in più su di lui).
Secondo alcuni recenti rapporti (ad esempio PlanetArk; The Guardian), la preoccupazione dell'opinione pubblica per il riscaldamento globale starebbe diminuendo. Non è chiaro se questo sia effettivamente vero: un sondaggio condotto dai ricercatori della Stanford suggerisce il contrario. In ogni caso, la scienza dietro i cambiamenti climatici non è cambiata (vedi anche America’s Climate Choices), ma quello che resta certamente un problema è come comunicare la scienza al pubblico.
Questo mi fa pensare che, forse, è necessaria una nuova semplice immagine mentale della situazione. Possiamo guardare i modelli climatici, che ci dicono cosa dobbiamo aspettarci. Tuttavia è anche utile capire perché l'aumento delle concentrazioni di gas serra causano un aumento della temperatura superficiale terrestre. Il detto "Tutto dovrebbe essere reso il più semplice possibile, ma non più semplice" è stato attribuito ad Albert Einstein, e per questo mi chiedo se noi - gli scienziati - non dobbiamo raccontare ancor la storia del cambiamento climatico in un modo diverso.
Gavin ha
già discusso di questo (vedi anche qui
e qui),
ma può essere necessario raccontare la storia da capo, con
un taglio leggermente diverso. Quindi, come possiamo spiegare come
funziona l'effetto serra (GHE, Green House Effect) in termini semplici
e da una nuova angolazione? Vorrei anche spiegare perché la
media atmosfera si raffredda con concentrazioni crescenti di
gas a effetto serra associate ad un aumento di GHE. Qui
cercherò di presentare un quadro concettuale e completo del
GHE, spiegando sia il riscaldamento nella parte inferiore
dell'atmosfera, sia il raffreddamento nella parte più in
alto, e dove
siano incluse
solo le caratteristiche principali. Inoltre, è importante
fornire una buona base, e abbiamo bisogno di iniziare con alcuni fatti
fondamentali.
Sono
coinvolti diversi
fattori, e quindi può essere utile dare una semplice ricetta per il GHE. Questa ricetta
prevede quindi quattro ingredienti principali: (1) il rapporto tra
temperatura e radiazione, (2) il bilancio energetico planetario, (3) la
distanza percorsa dalla radiazione prima di essere assorbita, e (4) il
rapporto tra temperatura e altitudine.
L'energia può essere trasmessa in molti modi diversi, coinvolgendo i fotoni (radiazione o radiazione electromagnetica), la conduzione e il moto. La maggior parte di questi modi richiede un mezzo, come un gas, un liquido o un solido, ma lo spazio è fondamentalmente un vuoto attraverso il quale i fotoni rappresentano praticamente l'unica forma di trasferimento di energia. Quindi, i pianeti tendono a guadagnare o perdere energia verso lo spazio sotto forma di fotoni, e spesso ci si riferisce alla perdita di energia come 'perdita di calore radiativo'.
Una legge fondamentale della fisica, nota come legge di Planck, dice che la perdita di calore radiativo da qualsiasi oggetto dipende dalla sua temperatura. La legge di Planck spiega anche il colore della radiazione, o la sua lunghezza d'onda, e spiega quindi il motivo per cui il ferro diventa rosso fuoco quando riscaldato a sufficienza.
Figura 1. Illustrazione della legge di Planck, in cui le curve differenti rappresentano oggetti con temperature diverse. L'asse delle ordinate rappresenta l'intensità (la densità del flusso radiativo) e l'asse delle ascisse la lunghezza d'onda (il colore) della radiazione emessa da corpi con una data temperatura (versione PDF e R-script che hanno generato la figura)
La legge di
Planck predice che la radiazione emessa da un oggetto con una
temperatura di 6000K -
come la superficie solare - si trovi nella banda visibile,
mentre gli oggetti con una temperatura di 288K emettono radiazione con
una
lunghezza d'onda che i nostri occhi non sono in grado di vedere (infrarossa).
Ciò è illustrato in Figura 1, che mostra come
l'intensità della radiazione emessa (sull'asse y, denominata
anche 'densità
di flusso') e il colore della radiazione (lunghezza d'onda)
vari
per corpi con temperature diverse (qui rappresentati da diverse curve).
La curva gialla nella figura rappresenta la superficie solare, e la
curva azzurra la Terra.
Il bilancio energetico planetario dice che il nostro pianeta perde calore allo stesso ritmo a cui riceve energia dal Sole (altrimenti si riscalderebbe o si raffredderebbe nel tempo). Questo perché l'energia non può essere creata o distrutta (a meno che non vi siano reazioni nucleari o che abbia luogo alle scale quantistiche).
La distanza dei pianeti dal Sole e la luminosità della sua superficie prescrive la quantità di energia ricevuta dal sole, poiché la radiazione luminosa diminuisce quando si propaga nello spazio, come descritto dal teorema di Gauss.
Figura
2. Schema del sistema solare, dove l'energia ricevuta dalla Terra
è la radiazione solare intercettata dalla sua sezione
trasversale,
e dove la perdita di calore radiativo, in media, è dovuta
all'emissione termica da tutta la superficie del pianeta. Siccome la
radiazione del sole si allontana dal Sole, tende ad estendersi su
grandi
spazi e a diminuire d'intensità.
L'energia che fluisce dal Sole viene intercettata dalla Terra con la densità di energia descritta dalla 'costante solare' (S0 = 1366 W/m2), e la quantità di energia intercettata è il prodotto tra la densità del flusso e l'area del disco della Terra (meno la radiazione riflessa a causa dell'albedo del pianeta: A ~ 0,3). La perdita media di calore radiativo è dato dal prodotto della superficie terrestre e della sua radiazione di corpo nero:
S0 / 4 (1-A) = σT4,
dove σ = 5,67 x 10-8 W/(m2K4) è la costante di Stefan-Boltzmann. La soluzione dà per T il valore di 255K, nota come temperatura di emissione.
Figura 3. Confronto tra la temperatura calcolata di emissione e le temperature superficiali osservate per i pianeti e le lune del nostro sistema solare. I calcoli di previsione della riduzione della densità del flusso di energia si basano sulla distanza dal Sole (teorema di Gauss) e sulla radiazione di corpo nero che descrive il tasso di perdita di calore radiativo planetario. Qui, l'effetto serra è stato trascurato nei calcoli, ma il GHE influisce sulla temperatura della superficie osservata. Venere è un pianeta brillante (albedo elevata), con una spessa atmosfera composta principalmente di CO2, il che spiega la temperatura superficiale superiore a quella dedotta dal bilancio energetico puro (versione PDF e R-script che hanno generato la figura).
La Figura 3
mostra un confronto tra la temperatura della superficie osservata e la
temperatura di emissione calcolata per i pianeti del sistema solare,
basato sull'equilibrio tra l'energia ricevuta dal sole e la perdita di
calore radiativo a causa dell'emissione di corpo nero. In questi
semplici calcoli, l'effetto serra è trascurato, e la
radiazione di corpo nero può essere ricavata dalla legge di
Planck. I calcoli concordano abbastanza bene con le osservazioni per la
maggior parte dei corpi del nostro sistema solare, ad eccezione di
Venere che noriamente possiede un GHE forte e ha una
superficie più calda di Mercurio, pur essendo situato ad una
distanza circa doppia dal Sole.
È anche chiaro che il nostro pianeta è in gran parte riscaldato in superficie perché la radiazione del Sole - che è visibile ai nostri occhi - penetra l'atmosfera senza un grosso assorbimento (per cui possiamo vedere il Sole da Terra). Tuttavia, l'atmosfera è un mezzo di gas e particelle in grado di assorbire e disperdere la radiazione, a seconda della loro lunghezza d'onda (e questo spiegare perché il cielo è azzurro e i tramonti sono arancioni).
La distanza percorsa dalla radiazione, prima di essere assorbita - profondità ottica, o spessore ottico - può variare con la lunghezza d'onda della radiazione e il mezzo attraverso il quale viaggia. Lo spessore ottico nella nostra atmosfera è diversa per la radiazione visibile e per quella infrarossa.
La radiazione infrarossa è assorbita da alcune molecole, che a sua volta diventano più 'energetiche', e le molecole eccitate alla fine riemettono più radiazione infrarossa in modo random in tutte le direzioni, o trasferiscono l'energia in eccesso ad altre molecole attraverso collisioni. In un'atmosfera otticamente spessa (opaca), c'è una cascata di assorbimenti e riemissioni.
Quindi, mentre il pianeta si riscalda in superficie, la sua principale perdita di calore si verifica a partire da una altezza di circa 5,5 km sopra il suolo, dove la maggior parte della radiazione è libera di sfuggire verso lo spazio. Lo spessore ottico determina, in pratica, quanto in profondità nell'atmosfera del pianeta si origina la maggior parte della radiazione infrarossa emessa del pianeta (la principale perdita di calore radiativo del pianeta) e vista dallo spazio. Inoltre, è la temperatura a questo livello che determina l'entità della perdita di calore radiativo (data dalla legge di Planck), e la variazione verticale di temperatura (il gradiente, o all'inglese lapse rate) è ovviamente un requisito necessario per il GHE. La temperatura a questo livello è la temperatura di emissione, da non confondere con la temperatura della superficie.
Sappiamo che lo spessore ottico è influenzato dal CO2 - in effetti, questo fatto è la base per misurare la concentrazione di CO2 con gli analizzatori di gas a raggi infrarossi. Molecole composte da tre o più atomi tendono ad agire come gas serra, perché possono possedere energia rotazionale e vibrazionale che può essere associata con l'energia dei fotoni gamma nella banda degli infrarossi. Ciò può essere spiegato teoricamente e dimostrato con esperimenti di laboratorio. Anche altri effetti sono presenti, come l'allargamento in pressione e Doppler, tuttavia questi effetti sono secondari in questo ambito.
C'è
una ben nota relazione tra temperatura e quota nella
troposfera, nota
come gradiente o lapse
rate (la temperatura diminuisce con la quota
di 6K/km). La relazione tra temperatura e altitudine
può essere anche vista nell'atmosfera
standard. Il lapse
rate
può essere ricavato teoricamente per qualsiasi
atmosfera che sia idrostaticamente
in condizioni di stabilità con il massimo
gradiente verticale di temperatura, ma è anche ben
noto in meteorologia. Pertanto, data l'altezza e il valore della
temperatura di emissione, possiamo ottenere una stima semplice per la
temperatura della superficie: 255K + 5,5 km * 6K/km = 288 K
(equivalente a 15°C;
tale valore è vicino alla media
globale stimata dalle osservazioni a cura del NCDC,
ovvero ~
14°C).
L'espressione «incremento dell'effetto serra» descrive una situazione in cui l'atmosfera diventa meno trasparente alla radiazione infrarossa (aumenta lo spessore ottico, cioè l'atmosfera diventa più opaca), ed in cui la perdita di calore radiativo deve avvenire a livelli più alti. Inoltre, un osservatore nello spazio non può vedere la radiazione infrarossa da livelli profondi come nel caso precedente, perché l'atmosfera è diventata più opaca.
Figura 4. Un
semplice schema che mostra come il pianeta si riscaldi alla
superficie, come la temperatura (blu) diminuisca con l'altezza secondo
il suo lapse rate,
e come la radiazione infrarossa (frecce ondulate) venga
assorbita e riemessa nelle varie fasi nel suo percorso
nell'atmosfera. Sebbene l'energia sia trasferita anche attraverso il
movimento verticale (convezione), l'evaporazione e la condensazione
(flusso di calore latente), questo non pregiudica la
descrizione, in quanto
tutte queste forme di trasferimento agiscono per ripristinare la
struttura verticale dell'atmosfera verso un
lapse rate idrostaticamente stabile
sul lungo periodo. Nella parte superiore
dell'atmosfera, la radiazione
infrarossa sfugge liberamente
verso lo
spazio, e questo avviene laddove si verifica la perdita
principale di
calore radiativo del
pianeta. Questo livello è determinato dallo spessore ottico,
e la perdita di calore dipende dalla
temperatura in quel punto (clicca
sulla figura per l'animazione).
L'effetto di aver incrementato il livello a cui avviene la perdita di
calore nei confronti della temperatura
superficiale è illustrato in Figura 4, dove la
temperatura di emissione e il lapse rate sono ipotizzati assumendo il
bilancio
energetico ed un'atmosfera idrostaticamente
stabile, in media (un'atmosfera generalmente idrostaticamente instabile sarebbe una
cattiva notizia).
Quindi, un incremento dello spessore ottico spiega
perché le atmosfere non sono facilmente 'sature'
[di gas serra] e
perché pianeti come Venere abbiano temperature superficiali
sostanzialmente maggiori della temperatura di
emissione. Pianeti con un'atmosfera sottile ed un insignificante effetto serra, d'altro canto, hanno una
temperatura superficiale molto simile alle stime del modello di
bilancio energetico planetario (Figura 3).
Il modo in cui l'atmosfera reagisce alle variazioni dello spessore ottico è più complicato, a causa della presenza di una serie di diversi meccanismi di feedback. Tuttavia, per avere un quadro semplice, è utile mettersi in testa che lo spessore ottico è sensibile a quanto vapore acqueo (umidità) è presente in aria, e che il lapse rate è sensibile alla composizione dell'atmosfera (e quindi all'umidità). Inoltre, l'albedo planetaria A è determinata dalla presenza di nubi, neve, ghiaccio e vegetazione, i quali a loro volta influenzano il modo in cui la Terra riceve energia dal Sole.
Nella nostra semplice schematizzazione, i processi di feedback influenzano le variazioni dell'altezza del livello in cui si verifica la maggior parte della perdita di calore radiativo, la pendenza del lapse rate ed il riscaldamento alla superficie (e quindi la temperatura di emissione).
L'atmosfera superiore, che comprende la stratosfera e la mesosfera, è prevista raffreddarsi durante un'accelerazione del riscaldamento globale (Accelerated Global Warming, o AGW), come mostrato dai modelli di circolazione generale (General Circulation Models, o GCM). Allora, cosa sta succedendo lì? Qui il nostro schema diventa un po' più complicato.
Dal momento
che la maggior parte di CO2 assorbe e riemette
radiazione infrarossa a circa 14 micron, una maggiore concentrazione [di CO2] nella
troposfera riduce la radiazione infrarossa emessa verso l'alto in
questa banda.
L'energia totale è praticamente costante, e [la diminuzione
in tale banda] è compensata da un aumento
dell'emissione nelle altre bande,
perché fa più caldo. C'è
meno assorbimento da parte del CO2 di radiazione infrarossa
emessa verso l'alto sopra la
troposfera, ma c'è anche un aumento dell'emissione in
funzione dell'aumento
della concentrazione. Quindi in totale c'è un raffreddamento.
Questo schema può essere falsificato, per esempio se compaiono anche altri fattori? Per esempio, questa situazione può essere alterata da modifiche nel Sole?
Modifiche nel Sole possono naturalmente influire sulla quantità di energia ricevuta dalla Terra attraverso variazioni nel suo output, variazioni di intensità della radiazione ultravioletta, o forse anche la nuvolosità ad opera dei raggi cosmici galattici. Ma è difficile scorgere una tendenza sistematica a lungo termine del livello di attività solare negli ultimi 50 anni, ed è difficile vedere come l'attività solare possa avere un effetto, mentre altri fattori, come i gas serra, non ce l'hanno. Gavin ed il sottoscritto abbiamo recentemente pubblicato uno studio sulla risposta [dell'atmosfera] sia all'attività solare sia ai gas a effetto serra, ed abbiamo trovato una grandezza simile per entrambe le forzanti sia nelle osservazioni sia nel GCM del GISS.
Ci sono stati proclami di feedback negativi, come l'"effetto iride". Ci si aspetterebbe che i feedback negativi, in generale, smorzino la risposta alla maggior parte delle forzanti, a meno che non coinvolgano un particolare processo che è attivo per una forzante particolare. In altre parole, perché un feedback negativo agirebbe nei confronti dei gas a effetto serra, ma non lo farebbe nei confronti della forzante solare? Molti feedback, come i cambiamenti di umidità atmosferica, nuvolosità, e circolazione atmosferica, dovrebbero agire in modo simile per la maggior parte delle forzanti.
Un'altra questione è perché si dovrebbe vedere una tendenza al riscaldamento globale se i feedback negativi fossero più importanti (Figura 5). I feedback negativi di solito comportano condizioni di stabilità in un sistema complesso, mentre i feedback positivi tendono a causare instabilità, e spesso si manifesta con oscillazioni interne e spontanee (vedi figura 5). È ragionevole aspettarsi che i processi di feedback influenzino sia le variazioni naturali, sia quelle forzate, come un incremento di GHE, modifiche orbitali, vulcani, o cambiamenti nel Sole.
Figura 5. Stime della temperatura media annua globale basate su diversi set di dati, che includono sia le analisi tradizionali, sia le rianalisi (vedi anche gli ultimi 15 anni).
Le considerazioni sui feedback negativi portano anche ad un'altra questione interessante: i feedback negativi di solito agiscono per ripristinare un sistema a uno stato particolare di livello zero. Quale sarebbe la stato zero sia per il nostro clima? Nessun effetto serra, o un certo livello preferenziale di riscaldamento da effetto serra? Esiste già un GHE naturale che, insieme ad altri effetti atmosferici, possono giustificare i circa 32°C di maggior temperatura media superficiale globale. Cosa rende così speciale questo stato, e potremmo spiegare l'attuale GHE naturale in presenza di feedback negativi (si pensi di partire da uno stato senza GHE)?
Pertanto, i proclami di feedback negativo sono controversi perché poi devono dare una risposta a tutte queste domande difficili. Siamo in grado di scrivere una ricetta semplice per il GHE, ma è una sfida davvero difficile conciliare la presenza di un feedback negativo con le nostre osservazioni, o spiegare il riscaldamento globale attualmente osservato in altri termini.