Riccardo Nicoletti

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Cessate, omai cessate

Cessate, omai cessate

Cessate, omai cessate
rimembranze crudeli
d'un affetto tiranno
Già barbare e spietate
mi cangiaste i contenti
in un immenso affanno.

Cessate, omai cessate
di lacerarmi il petto
di trafiggermi l'alma
di toglier al mio cor riposo, e calma.

Povero core afflitto e abbandonato
se si toglie la pace
un affetto tiranno
perché un volta spietato, un alma infida
la sola crudeltà pasce ed annida.

Ah ch'infelice sempre

Ah ch'infelice sempre
me vuol Dorilla ingrata
Ah sempre più spietata
M'astringe a lagrimar.

Per me non v'è no
non v'è ristoro
Per me non v'è no
non v'è più speme
e il fier martoro
e le mie pene
solo la morte
può consolar.

A voi dunque ricorro

A voi dunque ricorro, orridi spechi
taciturni orrori
solitari ritiri
ed ombre amiche, a voi porto il mio duolo
perché spero da voi quella pietade
che Dorilla inumana non annida.

Vengo, spelonche amate
vengo, spechi graditi
alfine meco involto
il mio tormento in voi resti sepolto.

Nell'orrido albergo

Nell'orrido albergo
ricetto di pene
potrò il mio tormento
sfogare contento
potrò ad alta voce
chiamare spietata
Dorilla, l'ingrata
morire potrò.

Andrò d'Acheronte
su la nera sponda
tingendo l'onda
di sangue innocente
grindando vendetta
ed ombre baccante
vendetta farò.

Quell'usignolo che innamorato

No, ch'amar non è fallo in cor guerriero,
anzi all'eroiche imprese
stimolo di valore,
al pari della gloria è spesso amore.
Contro la mia diletta
Berenice non s'armi, o in pena attenda
che crudeltà per crudeltà le renda.

Quell'usignolo
che innamorato
se canta solo
tra fronda e fronda
spiega del fato
la crudeltà.

S'ode pietoso
nel bosco ombroso
che gli risponde
con lieto core
di ramo in ramo
cantando va.

Vorrei dirti il mio dolore

Vorrei dirti il mio dolore,
ma dal labbro i mesti accenti
mi ritornano sul core
più dolenti a risuonar.

Ed appena al seno oppresso
è permesso
l'interrotto sospirar.

Splender fra'l cieco orror

Splender fra'l cieco orror
il mio bel sol vedrò;

e nell'occaso ancor
sua luce adorerò.

Alma oppressa

Alma oppressa da sorte crudele
pensa invan mitigar il dolore
con amore, ch'è un altro dolor.

Deh raccogli al pensiero le vele,
e se folle non sei, ti dia pena
la catena del piè, e non del cor.

E prigioniero e re

E prigioniero e re
palpita un core in me,
ch'è sempre forte.

Vincerlo nol potrà
tutta l'infedeltà
di cieca sorte.

Come in vano il mare irato

Come in vano il mare irato
batte il lido, ed urta il scoglio
non m'opprime l'empio fato,
e di Cesare l'orgoglio
non mi giunge a spaventar.

D'un nemico, che insidioso
m'ha svenato il caro sposo,
saprò l'onte vendicar.

Agitata da due venti

Agitata da due venti
freme l'onda, in mar turbato,
e'l nocchiero spaventato
già s'aspetta a naufragar.

Dal dovere, e dall'amore
combattuto questo core
non resiste, e par che ceda,
e cominci a disperar.

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