I cambiamenti climatici potrebbero ridurre drasticamente la produttività agricola di alcune aree tropicali

Torino, 10 febbraio 2008

Nello scorso novembre l'IPCC ha rilasciato il suo rapporto di sintesi (si veda il pensiero del 19 novembre 2007 ed anche questo sito), nel quale venivano ribadite e quantificate meglio alcune previsioni. In particolare, il rapporto afferma che, stanti le attuali politiche in materia di cambiamenti climatici, le emissioni globali di gas a effetto serra dovrebbero aumentare tra il 25% e il 90% entro il 2030, con un conseguente incremento della temperatura media globale di circa 0.2°C per decennio ed un incremento degli episodi di siccità in alcune aree e di alluvioni in altre. Le conseguenze sulla produttività agricola erano considerate gravi, soprattutto nelle zone interessate da stress idrici (Mediterraneo, Africa) e da incrementi sensibili di temperatura (oltre 2°C circa).


Terreno disseccato (foto MetOffice)

Un campo di grano (foto BBC)
Recentemente un team di scienziati della Stanford University ha condotto uno studio più particolareggiato (si veda questo articolo su Science) usando dei modelli per valutare l'impatto dei cambiamenti climatici sull'agricoltura in 12 regioni del mondo dove la malnutrizione e la fame sono più diffuse. Queste regioni includono l'Asia, Africa sub-sahariana, i Caraibi ed il Centro e Sud America. Per identificare quali colture ed in quali regioni era maggiore il rischio entro il 2030, gli scienziati hanno utilizzato le previsioni dell'IPCC ed hanno incrociato questi dati con le statistiche relative al cibo effettivamente mangiato dai poveri, ed anche con i rapporti tra i raccolti e la variabilità climatica nel passato.

Il loro studio dimostra che i cambiamenti climatici potrebbero causare gravi perdite per i raccolti nell'Asia meridionale e nell'Africa meridionale nei prossimi 20 anni. In particolare, entro il 2030, il Sudafrica potrebbe perdere quasi un terzo della produzione di granturco, la sua coltura principale, mentre le perdite di molte colture regionale, come il riso e il miglio, potrebbero superare il 10% nell'Asia meridionale. La portata e la rapidità degli effetti sulle derrate agricole in queste aree hanno sorpreso gli scienziati. "Per gli agricoltori poveri che vivono al limite di sopravvivenza, queste perdite potrebbero davvero essere terribili", ha detto Marshall Burke, della Stanford University, coautore dell'articolo.

Tutti i modelli concordano sul fatto che ci saranno effetti negativi sul mais nell'Africa meridionale e sul riso nell'Asia sudorientale, mentre il quadro è meno evidente in altre zone, come ad esempio l'Africa occidentale, dove non è chiaro quale impatto avrà il riscaldamento globale sul clima locale, in quanto i modelli climatici danno previsioni discordanti. 

Il motivo è che questi risultati si basano sui dati del rapporto IPCC del 2007. In tale rapporto, si sottolinea come, nelle aree delle latitudini medio-alte, in cui il riscaldamento oscillerà tra 1°C e 3°C, le coltivazioni potrebbero avere dei benefici in termini di resa, ma per aumenti maggiori la produttività agricola potrebbe crollare. Nelle regioni tropicali le proiezioni lasciano invece presupporre un declino generalizzato della produttività, indipendentemente dal tasso di riscaldamento locale, anche se potrebbe essere possibile ridurre o ritardare un po' tali effetti con tecniche di adattamento.

Dr Richard Betts, il coordinatore dell'unità sui cambiamenti climatici presso il Met Office Hadley Centre, ha sostenuto che "questo studio sottolinea chiaramente le implicazioni dei cambiamenti climatici sullo sviluppo internazionale. Raggiungere gli obiettivi di sviluppo del millennio potrebbe essere più difficile a causa dei cambiamenti climatici. Ma occorre ancora lavorare su questo, perché le interazioni del clima sulle colture sono complesse".

Lo studio degli scienziati inglesi dimostra anche che, oltre agli impatti negativi sulla produttività agricola summenzionati, in poche regioni in via di sviluppo, come ad esempio quelle adibite alla coltivazione del grano in clima temperato in Cina, ci potrebbero effettivamente essere dei benefici nel breve termine come effetto dei cambiamenti climatici.

Dato che, in genere, il tempo necessario per pianificare degli investimenti e realizzare gli interventi in capo agricolo è di circa 15-30 anni, lo studio conclude che i lavori per aiutare gli agricoltori ad aumentare la loro produttività agricola o a cambiare le colture dovrebbero partire il più presto possibile. Mentre, sempre secondo gli scienziati inglesi, le modifiche relativamente poco costose, come ad esempio la rotazione delle colture o la variazione delle stagioni delle semine, potrebbero solo limitare le perdite, si potrebbero invece ottenere dei vantaggi con misure più costose, tra cui lo sviluppo di nuove varietà vegetali e l'espansione dell'irrigazione.

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