"Il contributo degli archivi storici alla ricostruzione del clima passato e dei suoi impatti": la conferenza di Christian Pfister a Torino

Torino, 11 aprile 2008

Oggi il prof. Christian Pfister, docente di Storia economica, sociale e ambientale all'Università di Berna, ha tenuto la settima conferenza nell'ambito della mostra sui cambiamenti climatici al Museo di Scienze Naturali di Torino intitolata “I tempi stanno cambiando”. Come al solito, riporto qui di seguito un breve riassunto degli argomenti trattati.

Il titolo della conferenza di Pfister è stato: "Il contributo degli archivi storici alla ricostruzione del clima passato e dei suoi impatti". In questa conferenza, il professor Pfister ha illustrato quali tipologie di fonti possono essere utilizzate per trarre informazioni sui fenomeni climatici passati, e quali sono le potenzialità di tali fonti ai fini delle ricostruzioni climatiche nel passato più o meno recente. Egli ha poi portato alcuni esempi ed ha cercato anche, nelle conclusioni, di commentare dal suo punto di vista il riscaldamento globale di questi ultimi anni.

Quali sono gli obiettivi della climatologia storica? la risposta a questa domanda è triplice: la ricostruzione del tempo e del clima, l'analisi storica degli impatti climatici e la storia culturale del clima. Questo studio viene effettuato mediante lo studio di cronache, diari meteorologici, epistolari personali, corrispondenza, giornali e quotidiani, ma anche di dati relativi allo sviluppo vegetativo, alla produzione agricola, informazioni amministrative, dai dipinti o legate al verificarsi di alcuni eventi, come la presenza di ghiaccio, neve, ecc. Pfister ha mostrato alcuni esempi, come il database climatologico CLIWOC delle navi inglesi con dati in tutto il mondo tra il 1750 ed il 1854, oppure i dati sulla fioritura dei ciliegi. 

Per quanto riguarda le registrazioni climatiche nella documentazione storica a partire dal medioevo fino ai giorni nostri, si possono considerare diversi periodi. Fino al 1200 circa, si ha accesso ad alcune relazioni su disastri naturali e si possono ricostruire soltanto le anomalie socio-economiche più significative. Dal 1200 al 1500, invece, si possono ricostruire relazioni più o meno continuative sulle caratteristiche di estati e inverni (talora anche delle stagioni primaverili e autunnali), anche con riferimenti alle condizioni “normali”. Dal 1500 al 1800 si possono trovare delle descrizioni mensili quasi complete del tempo, talora con informazioni anche giornaliere. Dal 1680 al 1860, poi, esistono già alcune misure strumentali isolate, e localmente si hanno le primissime reti internazionali di misura, anche se la registrazione dei dati avviene soltanto per breve tempo. A partire dal 1860, finalmente, si sviluppano le reti meteorologiche nazionali (e, successivamente, anche internazionali).

Sulla base di tutte queste informazioni, molto differenziate tra di loro a seconda del periodo storico cui si riferiscono, invece di tentare una ricostruzione del valore assoluto della temperatura media nelle singole località, il metodo utilizzato è quello di cercare di derivare un indice di anomalia, variabile tra -3 e +3, che potesse indicare la presenza di stagioni da estremamente fredde a estremamente calde. 

Pfister ha mostrato come la ricostruzione delle anomalie delle temperature invernali del primo secolo del secondo millennio per l'Europa centrale abbia evidenziato undici casi anomali: tre inverni con anomalia positiva, appena sopra la media, e otto inverni con anomalia positiva, quasi tutti molto o estremamente freddi. Il dettaglio dell'inverno del 1364, che probabilmente può essere considerato il più freddo del del secondo millennio, mostra come vi siano diversi documenti che spaziano dalla Francia alla Germania, all'Inghilterra, fino alla Polonia, che riportano segnalazioni legate al freddo ingente.

Guardando le anomalie relativa alla prima metà del secondo millennio, si può notare la graduale intensificazione del numero di anomalie fredde (molto fredde o estremamente fredde) a partire dal 1300. In precedenza, anche nel primo terzo del tredicesimo secolo si era verificata una successione di diversi inverni più freddi della media. Si nota anche come il fatto che sia cresciuto in maniera significativa il numero delle anomalie fredde non ha comportato la sparizione completa delle anomalie calde, invece sempre presenti, anche se in numero ridotto, in tutto il periodo. La sequenza delle anomalie mostra come, in accordo con molti studi sull'argomento, la cosiddetta piccola età glaciale sia stata caratterizzata soltanto da una diminuzione della temperatura media globale, ma anche, e soprattutto, dal verificarsi di molte anomalie fredde significative, talvolta consecutive, che per l'epoca ebbero conseguenze drammatiche sui raccolti agricoli e, quindi, sull'economia delle popolazioni.

Il professor Pfister ha continuato mostrando un grafico analogo per quanto riguarda la seconda metà del secondo millennio, ovvero gli ultimi 500 anni. Come si è detto in precedenza, le informazioni relative a questo periodo sono più particolareggiate e consentono in questo modo una ricostruzione più completa anche per quanto riguarda le stagioni intermedie ed i casi di temperature "nella norma". Si può così notare la lunga sequenza di anomalie negative, fredde, che arriva in pratica fino all'inizio del 20° secolo, con pochissime eccezioni nella prima metà del 16° e del 17° secolo. In questo caso, il dettaglio dell'inverno 1709, probabilmente il più freddo degli ultimi 500 anni in Europa, mostra una descrizione notevolmente più dettagliata della distribuzione termica sul continente. Questi risultati ben si correlano ad alcune notizie di disastri legati allo svuotamento di laghi di sbarramento alpini avvenuti in Svizzera nel 17° secolo e durante il periodo terminale della piccola età glaciale (all'inizio del 19° secolo). I laghi di sbarramento sono dei laghi che si formano quando una lingua glaciale in avanzamento viene a ostruire il corso di un fiume, formando così uno sbarramento e causando la formazione di un lago. Tali laghi, in genere, tendono a svuotarsi in modo esplosivo quando la pressione esercitata dalla spinta del volume dell'acqua del lago vince la coesione dello sbarramento di ghiaccio e lo distrugge.

Nella parte finale del suo seminario, il professor Pfister ha mostrato alcune correlazioni tra le anomalie climatiche e le eruzioni vulcaniche tropicali negli ultimi sette secoli del secondo millennio. In particolare, egli ha evidenziato come vi siano stati alcuni periodi caratterizzati da una successione di eruzioni vulcaniche avvenute in epoche molto ravvicinate tra di loro: ad esempio, nell'ultimo decennio del 16° secolo si sono susseguite cinque eruzioni; tra il 1650 e il 1700 altre cinque eruzioni; e ancora cinque eventi eruttivi molto intensi nel primo cinquantennio del 19° secolo. Tutti e tre periodi furono caratterizzate da anomalie fredde molto intense e significative.

Analizzando il numero decennale di anomalie di temperatura tra il 1500 ed il 2000, si può notare come, anche in questo periodo, si noti la presenza ripetuta di molte anomalie fredde, in alcuni casi molto intense, fino al 1850. Dopo tale anno diventa improbabile osservare più di dieci anomalie al decennio. Si nota anche come, almeno fino al 1750, fosse possibile osservare in alcuni decenni una decina di anomalie calde. In questo grafico, risulta notevole il dato relativo all'ultimo decennio, che presenta soltanto anomalie positive, ben 22, cioè oltre il doppio del massimo precedente. Si nota anche come il 20° secolo sia stato caratterizzato da un incremento del numero di casi di anomalie positive, tornato sui livelli del 17°-18° secolo, e soprattutto da una diminuzione sensibile del numero di casi di anomalie negative.

Pfister ha quindi concluso il suo intervento affermando che l‘Europa offre un ampio spettro di lunghe serie di dati strumentali, di documenti e di "proxy data" naturali. Le fonti documentarie forniscono dati meteorologici e climatici ad alta risoluzione (prima stagionali e poi giornalieri) a partire dall‘Alto Medioevo fino al periodo della nascita dei servizi meteorologici nazionali ( cioè circa fino al 1950). I dati documentari si sono rivelati particolarmente adatti a descrivere gli estremi climatici ed a spiegare gli impatti del clima sulla popolazione e sull‘economia, così come la loro percezione (e la conseguente reazione) della popolazione. Pfister ha anche sottolineato come l‘Italia sicuramente  possiede una ricca documentazione al riguardo che non è ancora stata bene analizzata (a differenza di altri Paesi d‘Europa).

La prossima conferenza, "Cambiamenti climatici e biodiversità", sarà tenuta dal prof. Marino Gatto, del Politecnico di Milano, il prossimo 12 maggio, sempre alle 17.45, al museo.

Le figure che seguono, ove non diversamente referenziate, sono state tratte dalla presentazione di
Pfister.

Esempio di registrazione di osservazioni di carattere meteo-climatologiche.

Questo libro raccoglie le osservazioni (di tutti i tipi) registrate al porto di Stoccolma nel 1793. Pfister ha riportato l'osservazione della dr.ssa Lotta Leijonhufvud: "ci vuole forza fisica per fare lo storico, e anche braccia lunghe".

Registro di H.M.S. "Rattlesnake", Novembre 1797, relativo alle rotta delle navi nell'Atlantico meridionale. Cortesia del Dr. Dennis Wheeler.

Dipinto a olio del marinaio Nicholas Pocock raffigurante alcune navi della Compagnia delle Indie Orientali (1803), National Marine Museum, Londra.

La fioritura dei ciliegi (di cui qui sonio raffigurati 250 anni di dati dal 1721 al 1980 circa) è un indicatore attendinbile delle temperature primaverili e della durata della copertura nevosa (Rutishauser 2003). Fonte: http://sinus.unibe.ch/~rutis/index.html


Tacche di piena a Schärding (Austria). Da Munzar et al.
2006, Fig. 29.

Anomalie delle temperature medie invernali (per inverno si intende il trimestre da dicembre a febbraio dell'anno successivo) dal 1000 al 1499. La scala delle ordinate rappresenta l'indice di anomalia, variabile tra -3 e +3: il valore -3 rappresenta una stagione estremamente fredda, mentre l'estremo opposto della scala, +3, rappresenta una stagione estremamente calda.

L'inverno del 1077 (noto come l'inverno di "Canossa"). Dopo essere stato scomunicato dal Papa Gregorio VII, il re Enrico IV andò a Canossa (Emilia) proprio durante quello che poi sarà noto come l‘"inverno del secolo" per ottenere la revoca della scomunica. Il viaggio è ben documentato. Ogni quadratino indica l'anomalia termica dedotta dalle fonti documentarie.

L'inverno del 1364, forse il più freddo del millennio.

Temperature invernali in Svizzera (parte Nord delle Alpi), relative al periodo 1496-1995. Le barre verticali sono definite come nella figura precedente relativa ai primi 500 anni del secondo millennio, mentre le aree colorate rappresentano gli scarti dalla media del periodo 1901-1960.

Anomalie termiche registrate durante l'inverno del 1709, forse l‘inverno più freddo degli ultimi 500 anni in Europa. Fonte: Luterbacher et al., 2004.

L‘avanzata del ghiacciaio Vernagtferner (Oetztal, Austria) forma un lago di sbarramento nel 1601. Fonte: Oerlemans, 2001.

I dati mostrati in questo grafico sono le medie correnti su due anni (smussate) dei composti dello zolfo (nssSO42-) relativi al periodo 1301-1995. I triangolini rovesciati in alto indicano gli eventi di eruzione più significativi, mentre nelle aree tratteggiate in grigio indicano il periodo di quattro anni successivo alla data dell'eruzione. Fonte: Palmer et al., 2001.

Numero decennale di anomalie di temperatura nel periodo 1501-2000.  Nella didascalia in alto c'è scritto, rispettivamente: "warm-trocken" (caldo-umido), "warm-feucht" (caldo-secco), "warm" (caldo), "kalt" (freddo), kalt-feucht" (freddo-secco), "kalt-trocken" (freddo-umido).

Località europee in cui vennero compilati diari meteorologici nel XVI secolo. Fonte: Pfister, Brázdil Glaser, 1999:117.

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