I miei pensieri eretici sugli "eretici del clima"

Torino, 12 aprile 2008

Il giorno 16 gennaio 2008, l’inserto scientifico Tuttoscienze de “La Stampa” ha pubblicato un articolo firmato dal prof. Freeman Dyson (qui la copia), esperto di fisica nucleare, dal titolo accattivante: “I miei pensieri eretici sul clima”. Tale articolo mi è capitato sottomano soltanto recentemente, e questo spiega il ritardo quasi trimestrale di questo mio pensiero.

Comincio subito col dire che non mi piacciono i tuttologi: ciascuno dovrebbe parlare soltanto di quello che conosce, e non fare affermazioni su argomenti dei quali non possiede le nozioni di base necessarie per non dire fesserie, ma purtroppo il mondo funziona in un modo diverso e, al giorno d’oggi, di tuttologi ce ne sono tanti, troppi, in tutti i campi. Ben diversamente accadeva in passato, quando molti illustri scienziati (da Leonardo a Galileo, o Leonbattista Alberti, per citarne solo alcuni) avevano una cultura enciclopedica, e potevano discutere e disquisire sia su argomenti umanistici che scientifici senza sfigurare. Tutto questo per dire che questo articolo ha già iniziato ad insospettirmi sin dal titolo, ma ho cercato di non farmi influenzare da queste considerazioni e sono andato avanti nella lettura.

L’articolo inizia con l’affermazione “sono orgoglioso di essere eretico”, a cui ne segue subito un'altra: “Il trambusto che circonda il riscaldamento globale è esagerato”: iniziamo bene! David King, nel suo ultimo libro "The hot topic" (si veda il pensiero del 22 febbraio 2008) ha chiaramente sintetizzato, nel suo libro, ciò che ormai tutti gli scienziati che lavorano in climatologia affermano da decenni, e cioè il fatto che non sussistono più dubbi di alcun genere per quanto riguarda l’esistenza del riscaldamento climatico e l’influenza su di esso dell’incremento dei gas serra. La frase di King è ad impatto: "chi afferma il contrario, o lo fa per interesse, oppure è semplicemente un millantatore".

Il professor Dyson afferma di non aver fiducia nei climatologi (definiti una “fratellanza degli esperti dei modelli climatici”, insomma una sorta di loggia massonica!), nelle previsioni e nei modelli numerici, che dice di aver studiato (ma chiunque può dire di aver studiato qualsiasi cosa!). Dyson denigra chi usa i modelli al computer (dimenticando che anche molti suoi colleghi fisici nucleari usano modelli numerici) usando l’argomentazione che è “molto più semplice, per un ricercatore, restare in ufficio a far girare i modelli sul computer che non indossare indumenti pesanti per misurare cosa sta davvero succedendo nelle paludi e tra le nuvole”. Insomma, chi non si sporca nel suo lavoro non è degno di stima! E poi, che cosa intende con “misurare tra le nuvole”? forse si riferisce alle sonde meteorologiche, oppure agli uccelli? E cosa misura “nelle paludi”? Mistero! Successivamente troviamo, finalmente, un’affermazione condivisibile: il riscaldamento globale è un problema interessante. Peccato che sia l’unica affermazione condivisibile di tutto l’articolo!

Il professor Dyson prosegue con alcune elucubrazioni e numeri relativi alla biomassa, affermando che, incrementando la biomassa, si potrebbe assorbire l’intero eccesso di CO2 in atmosfera, in quanto “l'aumento di spessore della biomassa che si avrebbe mediamente, su oltre metà della terraferma presente sul pianeta, se venisse assorbito tutto il carbonio che stiamo emettendo bruciando carburanti fossili” è pari a “solo un terzo di millimetro all'anno”, e conclude dicendo che “il problema dell'anidride carbonica nell' atmosfera va visto in termini di gestione del terreno, non di meteorologia”. Insomma, basterebbe avere più piante, o piante più “spesse” (come fare? e poi, dove le si metterebbe?). A parte la trivialità del ragionamento, ed il madornale errore di trascurare il fatto che le piante fanno parte integrante del ciclo del carbonio (mentre per lui sono solo “serbatoi di carbonio”), da nessuna parte è menzionato il ruolo fondamentale degli oceani, che coprono circa il 70% della superficie terrestre e che hanno un ruolo attivo nei confronti della CO2, visto che il loro tasso di assorbimento di questo gas serra è fortemente influenzato dalla temperatura (si pensi all’”effetto spumante”). Poco oltre, Dyson afferma che “assorbire l'anidride carbonica che ne risulta aumentando la biomassa dei loro suoli. A differenza delle piante e degli alberi, non c'è limite alla quantità di biomassa che si può immagazzinare”, quindi per lui anche il suolo potrebbe diventare un serbatoio di biomassa (si dimentica però di dire come fare). All'inizio dell'articolo Dyson si definisce, più che uno scienziato, uno scrittore di fantascienza pr quanto riguarda le sue affermazioni in questo articolo, ma, a mio modesto avviso, i libri di Asimov e Verne sono lontani anni luce!

Più avanti c'è una lunga considerazione sul fatto che, in passato, ai tempi degli antichi egizi (quindi circa 6000 anni fa), ci sarebbero delle prove che il deserto del Sahara e le foreste del Nord Europa fossero molto più fertili di quanto non lo siano adesso, e ricchi di verdeggianti foreste. Questo basta a far dire a Dyson che, presumibilmente, il clima terrestre allora era molto più mite di adesso, e quindi preferibile a quello attuale. Non solo, ma Dyson afferma che un clima così non sarebbe poi un male, poiché il Sahara e le tundre boreali sarebbero più fertili e quindi ci sarebbe una maggiore produzione agricola. Dyson volutamente ignora, o comunque non cita, tutti gli studi che hanno già affrontato questo problema su base scientifica, concludendo che, se anche alcuni territori diventeranno più fertili, molti altri diventeranno molto meno fertili: per esempio il sud-est asiatico, l'Africa ed il Sudamerica, dove vivono centinaia di milioni, per non dire miliardi di persone. In realtà, si sa che la produttività agricola globale diminuirà al crescere della temperatura media globale, e proprio nelle zone più popolate del pianeta. A chi ne volesse sapere di più, consiglio di dare un'occhiata a questo blog del dr. Pasini, che riporta alcuni grafici relativi alla produttività agricola elaborati alla Columbia University di New York.

Il prof. Dyson non cita neppure, forse perché non gli conviene parlarne, il problema dell'innalzamento dei livelli oceanici, che, anche se minimo, porterebbe delle conseguenze enormi in certe zone. Non parlo soltanto di Venezia che, in fondo, nel mondo è una piccola città, anche se ha un valore storico e sentimentale enorme, soprattutto per noi italiani. Parlo delle ampie porzioni di territori nel mondo che si trovano pochi decimetri al di sopra del livello del mare, e che quindi potrebbero essere letteralmente sommersi da un incremento di qualche decina di centimetri del livello del mare stesso. L’innalzamento del livello dei mari è una delle previsioni più affidabili da parte dei modelli climatici.

Dyson termina con una considerazione tra umanisti e naturalisti (sarebbero gli scienziati, ma ovviamente è meglio chiamarli in modo denigrativo come “naturalisti”). Ovviamente critica i secondi (che anteporrebbero sempre la natura al bene dell'umanità) e loda i primi (a cui lui si assimila) perché, al contrario degli scienziati, per loro “il valore più alto è la coesistenza armoniosa tra esseri umani e natura”, e perché essi accettano “l'aumento di anidride carbonica come un piccolo prezzo da pagare per lo sviluppo e l'industrializzazione globale, se questi possono alleviare le miserie di cui soffre metà dell'umanità”. Peccato che la totalità dei climatologi la pensi esattamente al contrario. Ormai sono apparsi negli ultimi cinque anni diversi rapporti in Gran Bretagna, Germania, USA, Unione Europea ed ONU che mostrano come “lo sviluppo e l’industrializzazione globale senza freni” che hanno caratterizzato il periodo che va dalla rivoluzione industriale fino ad oggi provocheranno danni così seri agli ecosistemi di tutto il mondo ed all’ambiente che non solo non “saranno alleviate le miserie di cui soffre metà dell’umanità”, ma anzi tali miserie saranno fortemente aggravate a causa degli effetti sulla popolazione e sulle risorse idriche ed alimentari.

In definitiva, la lettura di questo articolo non insegna proprio nulla (anzi, può avere effetti negativi su un lettore non esperto, e per questo ne parlo qui), e di leggere questi pensieri bizzarri sul terzo giornale italiano ne avremmo fatto volentieri a meno. Il professor Dyson sarà anche uno scienziato emerito nel suo campo, ma in questo caso ha perso l'occasione di rimanere zitto. Purtroppo, ci sono tante persone che si autoproclamano esperte e che, non avendo argomenti scientificamente validi, preferiscono denigrare il lavoro degli altri. E, purtroppo, nel nostro Paese ci sono tanti, troppi giornalisti sempre pronti ad ospitare le loro idee.

Nel mondo scientifico c’è un metodo molto semplice per distinguere i veri esperti dagli altri, e si basa sulle pubblicazioni su riviste “peer-reviewed”. Inoltre, esiste un’istituzione creata dalle Nazioni Unite (composta da scienziati di varia estrazione che provengono da tutto il mondo) ed a cui un anno fa è stato dato il premio Nobel: si chiama IPCC (Intergovernmental Panel of Climatic Change), e si occupa di clima da vent’anni. Inutile dire che Dyson non la menziona neppure. Bene, lasciamo agli esperti dell'IPCC le discussioni sul clima: in altre nazioni lo fanno già da anni!

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