"Il clima della regione mediterranea: tendenze attuali e cambiamenti futuri": la conferenza di Piero Lionello a Torino

Torino, 16 maggio 2008

Oggi il prof. Piero Lionello, dell'Università del Salento, ha tenuto la nona conferenza dal titolo "Il clima della regione mediterranea: tendenze attuali e cambiamenti futuri", nell'ambito della mostra sui cambiamenti climatici al Museo di Scienze Naturali di Torino intitolata “I tempi stanno cambiando”. Come al solito, riporto qui di seguito un breve riassunto degli argomenti trattati.

Lionello ha dapprima delineato le caratteristiche del clima della regione mediterranea, poi si è soffermato sulle tendenze del clima attuale, in particolare per quanto riguarda la temperatura e la piovosità osservate durante il 20° secolo, ed infine ha presentato le proiezioni per il clima futuro nella regione mediterranea, valutandone l'affidabilità ed inserendole nel contesto globale.

Il primo concetto affrontato dall'oratore è stato quello di definire esattamente che cosa si intende per clima mediterraneo. Infatti, con tale parola si intende geograficamente l'insieme delle nazioni che si affacciano sul Mar Mediterraneo, un insieme che va dalla Spagna alla Francia, Italia, Grecia, ex Jugoslavia, fino alla Turchia, all'estremo oriente ed include tutte le nazioni nordafricane (dall'Egitto al Marocco). Utilizzando la classificazione di Vladimir Petrovič Köppen, un geografo, botanico e climatologo russo che ha inventato una classificazione delle regioni climatiche del mondo che, sia pure con qualche modifica, è ancora usata oggi, si può osservare come la "regione mediterranea" comprenda al suo interno ben sei diverse categorie di "zone climatiche" (che, tra l'altro, non sono peculiari soltanto dell'area mediterranea ma compaiono in altre regioni del globo). Esse sono: CSa e Csb (clima temperato con stagione estiva asciutta calda o molto calda), Cfa e Cfb (clima temperato piovoso in tutte le stagioni con estate calda o molto calda), Dfb (clima freddo nivale a foresta, umido in tutte le stagioni con estate calda), BWh (clima desertico caldo) e BSk (clima della steppa freddo).

Con una tale diversità di climi e di tipologie di territorio, non ci si deve stupire se tutti i parametri climatici nell'"area mediterranea" appaiano molto variabili nello spazio e nel tempo. Ad esempio, la ricostruzione della temperatura media invernale negli ultimi 500 anni (Luterbacher et al., 2005) mostra una variabilità molto alta, con 2°C circa di differenza tra i valori estremi massimi e minimi (secondo tale ricostruzione, che si ferma al 2000, l'inverno più freddo è stato quello del 1891, mentre quello più caldo è stato quello del 1607). Nonostante la grande variaiblità termica dell'area, si riscontra tuttavia una netta tendenza al riscaldamento nell'ultimo secolo, con un rateo che non si riscontra per un così lungo periodo negli anni precedenti.

Gli stessi autori hanno provato a ricostruire anche l'andamento delle precipitazioni, con un risultato meno significativo: la variabilità interannuale, infatti, in questo caso è nettamente maggiore, probabilmente a causa dell'intrinseca variabilità associata al dato stesso della precipitazione. Nell'ultimo secolo si è assistito ad un incremento di valori estremi, in particolare negli ultimi 50 anni, ai quali appartengono sia il massimo assoluto (1963) sia il minimo assoluto (1989), entrambi posti oltre la soglia delle due deviazioni standard rispetto alla media dei dati sul periodo 1961-90, uniformemente assunto come riferimento climatico, e nettamente più estremi rispetto al massimo (1838) e minimo (1882) precedenti il 1900. L'andamento delle precipitazioni tuttavia non mostra un trend recente come quello delle temperature: la diminuzione registrata nell'ultimo ventennio non è infatti statisticamente significativa e comunque non è stata poi confermata dai primi dati del secondo millennio.

Per quanto riguarda i trend della precipitazione, una loro valutazione negli ultimi 25 anni del 20° secolo mostra che esistono pochissime zone intorno al Mediterraneo caratterizzate da trend significativi stagionali (una di esse mostra una drastica dimunuzione della piovosità primaverile sulle zone alpine nordoccidentali italiane). Se si estende, però, il periodo di analisi all'intero 20° secolo, si può notare come il valore numerico del trend sia notevolmente inferiore, anche se lievemente negativo, praticamente sull'intera Europa sudoccidentale ed Africa nordoccidentale praticamente in tutte le stagioni, segno dell'assenza di variazioni vistose (alcune regioni italiane tuttavia non mostrano trend significativi in alcune stagioni). Si ricorda qui che assenza di trend significativi non significa assenza di trend in assoluto, ma significa che ci possono essere dei trend che però, quando sono paragonati alle variazioni interannuali, sono molto minori e quindi non sono statisticamente significativi.

Il prof. Lionello è poi passato alla disamina dei risultati delle simulazioni climatiche, iniziando con il ricordare come sono strutturati i modelli di clima e come si sono evoluti nel tempo, inglobando via-via la descrizione fisica di processi sempre più complessi. Ha ricordato che, in ogni caso, ogni modello descrive in modo semplificato il sistema climatico, in quanto al suo interno include un po' di leggi fisiche elementari ed un po' di relazioni approssimate (le cosiddette parametrizzazioni) che danno una rappresentazione semplificata della realtà. Ciò nonostante, gli attuali modelli di clima, pur non essendo in grado di prevedere esattamente ed in dettaglio l'evoluzione futura del tempo meteorologico, sono il migliore strumento possibile ed attualmente disponibile al fine di valutare la variabilità del clima futuro, e si sono dimostrati in grado di riprodurre con sufficiente accuratezza il clima passato.

Egli ha cercato anche di spiegare il significato degli scenari assunti per l'inizializzazione delle simulazioni. Le simulazioni coprono un ampio spettro di fattori responsabili per le future emissioni di gas serra e di aerosol (che comprendono lo sviluppo demografico, tecnologico ed economico delle nazioni del mondo), e forniscono in realtà non previsioni ma possibili alternative di quelle che saranno le condizioni future in funzione dei fattori sopraccitati. È quindi probabile che lo sviluppo futuro reale non seguirà fedelmente nessuna delle evoluzioni ipotizzate dagli scenari, tuttavia l'ampio spettro di possibilità delineate dagli scenari ci aiuta a vedere quali potrebbero essere gli effetti sul clima di alcune condizioni particolari di concentrazioni di gas serra associate ad un particolare tipo di sviluppo economico.

Al fine di ovviare alle possibili inesattezze dei modelli, uno dei metodi usati è quello di considerare simulazioni di diversi modelli e di prenderne il valor medio. Se si agisce in questo modo e si analizza la curva relativa al trend di temperatura atteso nel prossimo secolo, si nota come, a seconda dello scenario usato, ci si debba aspettare un incremento di temperatura medio nell'area mediterranea di 2-4°C. Si nota anche come nessun modello preveda una diminuzione di temperatura.

Lionello ha anche insistito sulla maniera di guardare alle mappe che mostrano la distribuzione geografica dei parametri climatici. In particolare, ha evidenziato come debba sempre essere tenuta in conto la risoluzione spaziale dei modelli al fine di interpretare le mappe. Se, infatti, la risoluzione spaziale di un modello è pari a 200 Km, nell'interpretazione delle mappe non vanno considerate strutture più piccole di tale distanza orizzontale, o regioni di estensione inferiore a quella di un cosiddetto "quadrato di griglia" (di estensione pari a 200 Km x 200 Km = 40.000 Km2).

A questo proposito, Lionello ha poi mostrato i risultati di una simulazione da lui condotta insieme al dr. Giorgi (il prossimo oratore - si veda sotto) utilizzando la media di 20 modelli guidati dallo scenario A1B confrontando il trentennio 2071.2100 con il trentennio 1961-90. Le mappe evidenziano un notevole incremento termico in tutte le stagioni, ed in particolare in estate, in tutta l'area mediterranea, leggermente inferiore soltanto al centro del bacino.  Per quanto riguarda la piovosità, invece, i modelli mostrano come l'Europa meridionale appaia praticamente spaccata in due: la metà superiore appare più umida e quella inferiore più arida. La linea di demarcazione appare oscillare, a seconda delle stagioni, tra le regioni dell'Italia settentrionale (in inverno e primavera) e la Scandinavia (in estate), ed in estate praticamente l'intera Europa sudoccidentale appare in condizioni di maggiore siccità, con valori estremi in Portogallo, Grecia e comunque anche in Italia.

Ma quale affidabilità hanno le previsioni di questi modelli? Per rispondere, si può eseguire una simulazione usando i dati climatici del passato e vedere quanto i modelli stessi sono stati abili nel riprodurre i trend di temperatura e precipitazione nelle varie stagioni registrati in passato. Se si agisce in questo modo, si nota come il modello riproduce molto accuratamente le variazioni (cioé l'incremento) di temperatura del passato, mentre sovrastima la diminuzione delle precipitazioni registrata in inverno. Tuttavia, va anche detto che le variazioni attese per il prossimo secolo appaiono notevolmente superiori rispetto a quelle registrate nel periodo di verifica (circa 4 volte), per cui potrebbe anche darsi che i modelli fatichino a prevedere variazioni piccole, ai limiti della significatività, ma siano in gradi di prevedere con maggiore correttezza quelle più consistenti. In ogni caso, esaminando le risposte di tutti i modelli su tutte le regioni della Terra, si riscontra come l'area mediterranea appaia sempre una delle zone del globo più sensibili ai cambiamenti climatici, in particolare in riferimento alla diminuzione delle precipitazioni (-20%) ed all'aumento della loro irregolarità (40%).

L'ultima frontiera della climatologia è il tentativo di descrivere il clima a scale più piccole, in modo da riuscire a caratterizzare il comportamento dei singoli bacini idrici, come quello del Po. Lionello ha mostrato un primo risultato (giorgi et al., 2004) che mostra come, per quanto riguarda proprio il bacino del Po, le simulazioni indichino che la portata del fiume sia prevista in aumento nei mesi autunnali ed invernali, ed in diminuzione nei mesi estivi. Ma probabilmente su questo aspetto ritorneremo nel corso della prossima conferenza.

La prossima conferenza, appunto, "Prevedere il clima futuro: pregi e limiti dei modelli numerici", sarà tenuta dal dr. Filippo Giorgi, dell'ICTP di Trieste, il prossimo 19 maggio, sempre alle 17.45, al museo.

Le figure che seguono sono state tratte dalla presentazione di
Lionello.

Il bacino del Mediterraneo: questa figura evidenzia in dettaglio l'estrema complessità geografica delle zone che si affacciano sul bacino, e le differenti caratteristiche morfologiche delle zone stesse, che poi sono fattori determinanti che influenzano il clima.

Suddivisione dei climi nel mondo secondo la classificazione di Köppen, ancora molto usata tra i geografi (meno dai climatologi). In realtà, alcune classi sono state aggiunte dopo la morte dello scienziato russo, avvenuta nel 1940. I gruppi principali sono indicati con la lettera maiuscola: A Climi tropicali umidi, B Climi aridi, C Climi temperati delle medie latitudini, D Climi freddi delle medie latitudini, E Climi polari, H Climi di altitudine. I sottogruppi sono:
S Clima della steppa, W Clima desertico, f Umido, w Stagione asciutta nell'inverno, s Stagione asciutta nell'estate, m: Clima della foresta pluviale. La loro combinazione individua alcuni tipi climatici: Af: Clima tropicale della foresta pluviale (anche Am), Aw: Clima tropicale della savana, BS: Clima della steppa, BW: Clima desertico, Cw: Clima temperato piovoso con inverno asciutto, Cf: Clima temperato piovoso umido in tutte le stagioni, Cs: Clima temperato piovoso con estate asciutta, Df: Clima freddo, nivale, a foresta, umido in tutte le stagioni, ET: Clima della tundra, EF: Climi del gelo perenne.
Le lettere più a destra della terna di lettere che individuano il clima sono: a: Con estate molto calda; il mese più caldo è superiore a 22°C (climi C e D); b: Con estate calda; il mese più caldo è inferiore a 22°C (climi C e D); c: Con estate fresca e breve; meno di 4 mesi al di sopra di 10°C (climi C e D); d: Con inverno molto freddo; il mese più freddo inferiore a -38°C (soltanto i climi D); h: Caldo-asciutto; temperatura media annua al di sopra di 18°C (soltanto i climi B); k: Freddo-asciutto; temperatura media annua al di sotto di 18°C (soltanto i climi B). Fonte: Updated world map of the Köppen-Geiger climate classification, M. C. Peel, B. L. Finlayson, and T. A. McMahon, Hydrol. Earth Syst. Sci. Discuss., 4, 439–473, 2007.

Ingrandimento della suddivisione dei climi "alla
Köppen" sull'Europa (o, meglio, sull'area mediterranea). Si nota come tale regione comprenda al suo interno ben sei diverse categorie di "zone climatiche" (che, tra l'altro, non sono peculiari soltanto dell'area mediterranea ma compaiono in altre regioni del globo). Esse sono: CSa e Csb (clima temperato con stagione estiva asciutta calda o molto calda), Cfa e Cfb (clima temperato piovoso in tutte le stagioni con estate calda o molto calda), Dfb (clima freddo nivale a foresta, umido in tutte le stagioni con estate calda), BWh (clima desertico caldo) e BSk (clima della steppa freddo).

Ricostruzione dell'andamento della temperatura negli ultimi 500 anni
(mostrata come anomalia, in °C, rispetto al trentennio 1961-1990), dal 1501 al 2000. I dati relativi ai primi secoli provengono sostanzialmente da fonti proxy. È evidente che il netto riscaldamento dell'ultimo secolo è un segnale nettamente distinto dall'andamento dei 4 secoli precedenti. Fonte: Luterbacher J. et al. (2005), Mediterranean climate variability over the last centuries: a review In P.Lionello, P.Malanotte-Rizzoli, R.Boscolo (eds) Mediterranean Climate Variability. Amsterdam: Elsevier (NETHERLANDS).

Ricostruzione dell'andamento della precipitazione negli ultimi 500 anni (mostrata come anomalia, in mm cumulati annui, rispetto al trentennio 1961-1990), dal 1501 al 2000. Anche in questo caso, i dati relativi ai primi secoli provengono sostanzialmente da fonti proxy. In questo caso l'ultimo secolo non mostra un segnale palesemente diverso dai secoli precedenti, ed inoltre la maggiore variabilità interannuale dei dati rende meno significativi i trend. Fonte: Luterbacher J. et al. (2005), Mediterranean climate variability over the last centuries: a review In P.Lionello, P.Malanotte-Rizzoli, R.Boscolo (eds) Mediterranean Climate Variability. Amsterdam: Elsevier (NETHERLANDS).

Trend (espressi in mm/decennio) di precipitazione sul bacino del Mediterraneo relativi agli ultimi 25 anni del 20° secolo (che includono quindi il periodo di riferimento climatico 1961-1990). Si nota come siano molto poche le aree che presentano trend consistenti (positivi o negativi) statisticamente significativi (le aree non colorate mostrano trend non statisticamente significativi). Tra queste, la regione alpina nordoccidentale italiana mostra un trend negativo in primavera. Legenda: in alto a sinistra: inverno, a destra: primavera. In basso a sinistra: estate, a destra: autunno. I dati provengono dalla climatologia CRU, e sono frutto di interpolazioni dai dati stazione su un grigliato di 0.5° in latitudine e longitudine. Fonte: New, M., M. Hulme and P. Jones, 1999: Representing twentieth-century space-time climate variability. Part I: Development of a 1961-90 mean monthly terrestrial climatology. J. Climate, 12, 829-856.

Trend (espressi in mm/decennio) di precipitazione sul bacino del Mediterraneo relativi al 20° secolo (include quindi il periodo della figura precedente). La fonte dei dati è la stessa della figura precedente, così come la legenda.

Andamento delle variazioni di temperatura superficiale (in °C, a sinistra
, espresse come anomalie rispetto al valore medio relativo al periodo 1961-90) e precipitazioni (in variazione percentuale rispetto al valore odierno, a destra) mediate sul globo terrestre previste da diversi modelli climatici. Dall'alto in basso, le simulazioni si riferiscono agli scenari A2, A1B e B1.

Questa sequenza di mappe mostra come l'incremento della risoluzione dei modelli aiuti ad individuare le caratteristiche geografiche. Tutte le figure mostrano il bacino del Mediterraneo, come viene visto dai modelli a seconda della loro risoluzione spaziale, variabile rispettivamente da 5°
a 1° (longitudine e latitudine, non Km!): si noti come l'Italia appaia, in forma molto rozza e con un'orografia molto approssimativa (niente Appennini), soltanto con una risoluzione di 1°. La maggior parte dei modelli climatici usati dall'IPCC ha una risoluzione di 2°. Osservando la mappa geografica corrispondente a tale risoluzione, si può avere un'idea di quale sia il livello di approssimazione territoriale da prendere in considerazione nell'analisi dei risultati.

Variazione di temperatura (in °C) relativa al periodo 2071-2100 rapportata al periodo 1961-1990 sull'area mediterranea. Le figure (che mostrano, dall'alto a sinistra in basso a destra, i valori stagionali relativi ad inverno, primavera, estate ed autunno), si riferiscono alla media dei modelli MGME, guidati dallo scenario A1B. Fonte: Giorgi e Lionello, 2007.

Come per la figura precedente, ma per le precipitazioni. La variazione è espressa in percentuale rispetto ai valori stagionali del periodo 1961-90.

Valori osservati (dati CRU) e previsti (insieme dei modelli MGME) relativi alle 4 stagioni (DJF=inverno, e così via) relativi alle precipitazioni (valori percentuali, in alto) ed alle temperature (anomalie, in °C, in basso) registrate nell'area di terraferma del Mediterraneo. I due periodi di riferimento sono: il 1981-2000 rispetto al 1961-1980.
Fonte: Giorgi e Lionello, 2007.

Sensitività ai cambiamenti climatici di diverse aree del globo. Il livello di sensitività è espresso dalla grandezza del cerchio rosso. Fonte: Giorgi, GRL, 2006.

Stima della portata del bacino del Po (valutata attraverso il bilancio idrologico: precipitazione meno evaporazione) effettuata usando il modello regionale dell'ICTP di Trieste RegCM (con una risoluzione orizzontale di 50 Km) prevista per il trentennio 2071-2100 ed espressa in variazione percentuale rispetto ai valori del periodo 1961-1990. Le tre curve indicano rispettivamente la simulazione di controllo e quelle riferite agli scenari A2 e B2. Si osservano i valori positivi in inverno ed autunno, e quelli negativi in estate (i numeri in ascissa indicano i mesi dell'anno).
 

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