Le osservazioni meteorologiche passate sono un segreto militare?

Torino, 3 luglio 2008

Questo racconto e le considerazioni personali qui esposte hanno lo scopo di illustrare quale non dovrebbe essere, secondo me, il procedimento da adottare per la libera diffusione dei dati in campo scientifico. Andiamo con ordine, illustrando l'accaduto sin dall'inizio.

Alla fine dello scorso mese di gennaio una studentessa del corso di laurea in fisica presso l'Università di Torino (che d'ora in poi chiamerò Giulia, un nome immaginario) mi ha chiesto se ero disponibile a seguire una tesi triennale con stage presso un ente esterno, e se potevo darle qualche idea sulle tesi disponibili. Le ho risposto facendole una panoramica di diverse possibilità ed invitandola a contattare dei colleghi di svariati enti per avere maggiori dettagli sulle attività di tesi. Giulia non aveva fretta, in quanto doveva ancora sostenere degli esami ed intendeva iniziare il lavoro di tesi dall'estate. Nonostate le procedure burocratiche, sei mesi di tempo sembravano moltissimi.

Un mese dopo, da Luca Mercalli della Società Meteorologica Italiana avevo ricevuto la notizia che a Mondovì, nella biblioteca del Seminario Diocesano, c'erano delle osservazioni meteorologiche registrate a mano e mai digitalizzate prima, che attendevano soltanto di essere riportate alla luce. Quando Giulia si rifà viva con me, la informo di questa ulteriore possibilità. Parlando, scopro che Giulia abita proprio a Mondovì. Quale migliore occasione? Sembrerebbe che questa tesi sia fatta per lei.

Decidiamo quindi di organizzare una riunione, io e Mercalli, e di pianificare gli sviluppi per questa tesi. Contemporaneamente la mostra "I tempi stanno cambiando" è ai nastri di partenza, per cui il tempo è pochissimo e gli impegni molti. Il problema di questa tesi è che dobbiamo verificare che sia fattibile, cioé che ci siano tutti i requisiti affinché la studentessa possa svolgere il suo lavoro di tesi in una tempistica opportuna e ottenere dei risultati di valore scientifico. Sicuramente, una parte della tesi sarebbe consistita nella digitalizzazione dei dati manoscritti su un supporto informatico in maniera tale da poter poi essere analizzati successivamente. Analisi significa una valutazione statistica dei dati stessi. Non conoscendo la qualità dei dati, era ovviamente impossibile, a priori, poterne valutare le caratteristiche, ma un sopralluogo "in loco" avrebbe consentito di esaminare la postazione della stazione meteorologica e di vedere la consistenza numerica e l'estensione temporale delle osservazioni.

All'inizio di aprile abbiamo organizzato pertanto una riunione a Mondovì con il referente della biblioteca del Seminario Diocesano di Mondovì (che d'ora in poi chiamerò semplicemente il referente), il cui responsabile è il dott. Sergio Comino, a cui abbiamo partecipato il sottoscritto, Luca Mercalli, la studentessa Giulia, la dottoressa Erika e il referente stesso. Si è trattato di un incontro informale e piacevole all'interno di un edificio cinquecentesco, durante il quale il referente è stato abbastanza cortese con tutti noi e nel quale abbiamo avuto la possibilità di visitare la biblioteca (ben tenuta e ricchissima di volumi di grande interesse storico e letterario, con una nutrita sezione scientifica) e abbiamo potuto vedere, da lontano, la postazione dell'antica stazione meteorologica, che è risultata abbastanza simile ad altre stazioni meteorologiche create all'interno di istituzioni religiose nel corso del diciannovesimo secolo in altri siti analoghi (per esempio, Alessandria). 

Quando abbiamo chiesto di vedere i manoscritti con i dati meteorologici, il referente dapprima si è detto contrario, in quanto sosteneva che tali dati si trovavano in un locale in corso di ristrutturazione, e quindi in grande disordine. Successivamente, tuttavia, dietro nostra insistenza (eravamo venuti a Mondovì soprattutto per vedere i dati!!!), si è lasciato convincere e ci ha condotti in un sotterraneo in cui effettivamente si vedeva che era in corso un'opera di catalogazione, ma che appariva comunque in perfetto ordine. I dati meteorologici si trovavano nell'ultimo scaffale dell'ultima scansia, in fondo al locale, il che significa che non erano richiestissimi. 

Una rapida occhiata dei manoscritti stilati personalmente da don Bruno fino alla sua morte bastava a farci comprendere che, apparentemente, sembravano appartenere a osservazioni meteorologiche condotte con grande rigore scientifico e puntualità, e che, per gran parte del periodo di osservazione, erano state effettuate dalla stessa persona, il che è molto importante, perché significa che le modalità di osservazione, presumibilmente, non avrebbero dovuto essere cambiate. Il periodo delle osservazioni andava dal 1866 al 1916.

Successivamente, abbiamo discusso con il referente riguardo alla possibilità che Giulia potesse svolgere il suo lavoro di tesi digitalizzando i dati stessi e procedendo alla loro analisi statistica. Il referente ci ha posto come uniche condizioni quella di citare la fonte di dati, e quella di fornire al termine del lavoro di tesi una copia della stessa al seminario, condizioni che ci sembravano assolutamente condivisibili ed alle quali avremmo comunque ottemperato comunque, anche se non ci fossero state richieste. Siamo pertanto rimasti d'accordo di rivederci una volta deciso se il materiale poteva essere sufficiente per una tesi di alto livello scientifico.

Infatti, da tale punto di vista, rimaneva ancora una condizione da verificare, e cioè la presenza di ulteriori dati meteorologici acquisiti in epoca successiva, possibilmente con un periodo di sovrapposizione, in maniera tale da poter svolgere un'analisi climatica sull'intero periodo di dati, previa omogeneizzazione dei dati stessi. Un'analisi condotta dal sottoscritto e dal personale della SMI ha appurato l'esistenza di dati meteorologici registrati in altre stazioni, con due periodi di sovrapposizione dei dati, i cui dati sarebbero stati reperibili presso l'Ufficio Idrografico del Po e presso il Servizio Meteorologico dell'Aeronautica Militare.

La presenza contemporanea di dati nelle stazioni (dal 1951 al 1962 e dal 1985 al 1995) rendeva fattibile un'analisi di omogeneità delle due stazioni, e rendeva ipotizzabile, forse, una ricostruzione completa della serie, a meno di vistose irregolarità nei dati, il che avrebbe conferito alla tesi un alto valore scientifico. Se poi i dati si fossero rivelati inaffidabili, anche questa sarebbe comunque stata una conclusione, visto che non ci risulta che fossero mai stati analizzati in precedenza.

A giugno abbiamo quindi concordato con la studentessa Giulia una linea d'azione per la tesi e per l'analisi dei dati, pianificando nel dettaglio le attività. Ho chiesto alla studentessa di riprendere contatto col referente, con il quale avevamo lasciato le cose in sospeso. Io mi sarei successivamente attivato per avere i dati delle altre stazioni, già su supporto informatico, e per l'invio della lettera di richiesta ufficiale a Mondovì.

Il referente, in modo cordiale ma deciso, ha fatto presente a Giulia "la necessità di una richiesta scritta del docente o dell'ente per conto della quale si esegue la ricerca con riferimento alle ragioni e all'argomento della ricerca" (e fin qui niente di strano). Successivamente, ha aggiunto che "questa richiesta deve contenere anche l'impegno a non divulgare per via telematica le informazioni acquisite", e qui iniziano invece le perplessità. La biblioteca del Seminario Diocesano di Mondovì è pubblica, ed il referente è un dipendente dello Stato, pagato quindi con soldi pubblici. Don Bruno, la persona che ha eseguito per tutta la sua vita, fino al giorno della propria morte, le osservazioni, lo ha fatto perché rimanessero chiuse in uno scantinato senza che nessuno le guardasse? Che senso ha, al giorno d'oggi, proibire la divulgazione telematica dei dati? Le osservazioni meteorologiche di Mondovì sono forse segreti militari, da difendere con i denti?

Il referente ha ancora rincarato la dose aggiungendo che "è anche obbligatorio citare espressamente la proprietà del bene e l'autorizzazione concessa dall'ufficio beni culturali della Diocesi e dovrà essere citato l'impegno a consegnare 2 (sic!) copie della tesi svolta. Inoltre la richiesta verrà autorizzata previo versamento di un deposito cauzionale che verrà restituito all'atto della consegna delle copie della tesi" . Tutti questi adempimenti, tranne il primo, costituiscono una novità assoluta rispetto alla prima riunione, e sono scritti e visibili su un modulo fornito a Giulia (ma non a noi in occasione della prima riunione) e riportato in basso. 

Tutto ciò suona abbastanza strano. Sembrerebbe dire: i dati non li vogliamo diffondere, se non scritti a mano (!), e, se insistete, mettiamo delle clausole burocratiche aggiuntive in modo da scoraggiarvi. Infatti, oltre alla richiesta per utilizzare il materiale (che, intendiamoci, è assolutamente condivisibile, ci mancherebbe altro), bisogna avere un'ulteriore autorizzazione dall'ufficio dei beni culturali. Il referente ha fatto presente a Giulia che ci sarebbe voluto parecchio tempo per sbrigare queste pratiche, e che sicuramente non sarebbe riuscita ad iniziare entro la fine dell'estate (tenendo conto anche delle vacanze). Ha inoltre fatto presente che l'accesso alla biblioteca è possibile soltanto per due ore al giorno (due ore al giorno? ma che razza di servizio pubblico è?). Se però queste cose ce le avesse dette prima, ad aprile, in occasione della prima riunione, magari si poteva procedere con anticipo. Inutile dire che Giulia si è scoraggiata ed ha cambiato tesi, peraltro su mio suggerimento, in quanto non potevo garantirle, a questo punto, che potesse iniziare la sua tesi in tempi certi e che potesse concluderla entro una certa data. A questo punto, prima di proporre una tesi su questi dati, cercheremo di vedere se riusciremo ad entrare in possesso dei dati. 

Si noti anche che questo modo di procedere appare in evidente contrasto con quanto si evince dall'esito dell'incontro dei responsabili delle biblioteche ecclesiastiche della Regione conciliare Piemontese, convocati dalla Consulta Regionale per i Beni Culturali Ecclesiali a Torino il 22 marzo 2006 (atti presenti su internet e consultabili qui... su internet, quindi su supporto telematico!). Leggendo tra le righe, si vede che in tale occasione "viene proposto [...] di continuare gli incontri di coordinamento informale, lavorando “in rete”, e di cercare una maggiore visibilità in internet per le biblioteche ecclesiastiche piemontesi".

Alla luce dell'accaduto, mi chiedo se don Bruno, colui che effettuò quotidianamente le osservqazioni meteorologiche e le annotò con cura sui quaderni con calligrafia precisa e chiara, e che calcolò i valori medi e cumulati delle varie variabili, annotando scrupolosamente anche i fenomeni strani, non si stia "rivoltando nella tomba". A cosa è servito tutto il suo minuzioso lavoro? Al momento, il frutto delle sue levatacce mattutine per annotare le temperature minime e le precipitazioni, nonché gli eventi più significativi accaduti in ogni giornata, sta "marcendo" in uno scantinato, mentre i climatologi di tutto il mondo sono affamati di dati che permettano una migliore ricostruzione del clima locale e delle anomalie meteorologiche.

No, lasciatemi dire che la scienza non dovrebbe proprio procedere in questo modo.

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