"Anno Polare Internazionale: scienza, ambiente e popoli artici": la conferenza di Gabriella Massa a Torino

Torino, 26 settembre 2008

Oggi la dr.ssa Gabriella Massa, archeologa italo-canadese, ha tenuto la sedicesima conferenza nell'ambito della mostra sui cambiamenti climatici al Museo di Scienze Naturali di Torino intitolata “I tempi stanno cambiando”. Come al solito, riporto qui di seguito un breve riassunto degli argomenti trattati.

La dott.ssa Massa ha ricordato inizialmente come l’Anno Polare Internazionale (IPY), iniziativa promossa dall’International Council for Science (ICSU) e dalla World Meteorological Organisation (WMO), sia finalizzato alla ricerca scientifica ma abbia anche lo scopo di sensibilizzare il grande pubblico, soprattutto i giovani, sulla assoluta necessità di preservare e salvaguardare l’ambiente Polare, così importante per il mantenimento dell’ecosistema del nostro pianeta. Il primo anno polare internazionale fu il 1882-3, a cui seguirono quello del 1932-3, in occasione del cinquantenario, a cui parteciparono 40 nazioni, e quello del 1957-8, dedicato alla ricerca geofisica, al quale parteciparono circa 80.000 scienziati provenienti da 67 nazioni. Nel 2007-8 si è giunti quindi alla quarta edizione di questa iniziativa, e gli studi si sono rivolti non solo all'Artide ma anche all'Antartide, ed hanno utilizzato le tecnologie dei satelliti (in particolare l'ESA, l'Agenzia Spaziale Europea, ha reso accessibili le proprie osservazioni satellitari e convenzionali del pianeta Terra, e nel 2009 lancerà Cryosat 2, un satellite che monitorerà accuratamente i cambiamenti dello spessore dei ghiacci polari, marini e montani). 

Perché i Poli sono così studiati? Perché essi risentono in particolar modo dei cambiamenti climatici, del surriscaldamento della Terra e della riduzione dello strato di ozono, causati principalmente dall’utilizzo di combustibili fossili che provocano l’aumento delle emissioni di gas ad effetto serra e nocivi all’ambiente. Nonostante l'enorme estensione di ghiaccio (in Antartide la coltre glaciale che sormonta il continente ha uno spessore tra 700 e 3000 metri, ed un'estensione di 14 milioni di Km2, pari al 92% in volume di tutto il ghiaccio che ricopre la superficie terrestre, mentre la coltre che ricopre la Groenlandia contribuisce "solo" al 7% del volume), gli effetti del riscaldamento globale sono evidenti, come testimoniano gli iceberg B-15A e Larsen B, entrambi di dimensioni paragonabili alla Valle d'Aosta, recentemente andati alla deriva.

L'archeologa Massa ha anche evidenziato che, per quanto riguarda l'Antartide, un motivo di preoccupazione è anche ciò che succederà quando scadrà il trattato antartico, entrato in vigore nel 1961 come risultato dei negoziati avviati durante l'Anno geofisico internazionale 1957-1958. Il trattato stabilisce che il territorio antartico debba essere utilizzato esclusivamente a scopi pacifici, garantisce costantemente la libertà di svolgere attività di ricerca, promuove la cooperazione scientifica internazionale favorendo lo scambio di progetti e personale di ricerca e impone che i risultati della ricerca siano resi disponibili gratuitamente. Attualmente è sottoscritto da 45 nazioni, ma 7 di esse hanno già pronte le rivendicazioni territoriali alla sua scadenza, favorite dalla prospettiva di utilizzare le risorse naturali presenti sotto i ghiacci.

In ogni caso, se l'Antartide è popolata in modo permanente solamente da colonie di animali e da una flora adattatisi ai climi rigidi del luogo, i territori artici, cioè Alaska, Canada, Siberia, Groenlandia, Scandinavia e Russia settentrionali, e tutte le isole disperse nell'oceano Glaciale Artico (come le Svalbard), che ricopre ben 13 milioni di Km2, un'estensione quasi pari a quella dell'Antartide, ed è profondo in media 4000 metri, sono popolate anche da esseri umani. I cosiddetti popoli artici, attualmente chiamati genericamente Inuit, hanno colonizzato l'estremo Nord del pianeta a partire dall'inizio dell'Olocene, circa 10.000 anni fa, approfittando delle condizioni climatiche più favorevoli al termine dell'ultima glaciazione. Le prime migrazioni verso la Siberia risalgono infatti a circa 50.000 anni fa, mentre il "passaggio" verso l'Alaska data circa 10.000-12.000 anni fa. Molto lentamente, queste popolazioni hanno poi colonizzato i territori settentrionali del Canada (circa 6.000 anni fa), hanno occupato le coste dello Stretto e della Baia di Hudson, per poi migrare verso le coste del Quebec, del Labrador e della Groenlandia (passando dallo Stretto di Ellesmere).

Attualmente si possono classificare una trentina circa di popolazioni artiche, ognuna con la propria identità ed il proprio nome. Le statistiche del 2005 ci dicono, secondo l'archeologa Massa, che si hanno un totale di circa 240.000 abitanti autoctoni, distribuiti nei vasti territori che vanno dalla Siberia alla Groenlandia: 3.000 Yupiget, 50.000 Inupiat e Yupiik, 60.000 Kalaallit Nunaat, 12.000 Inuit del Nunavik (Quebec), 35.000 Inuit del Nunavut (Canada), 80.000 Sâme o Lapponi (Scandinavia).

Un discorso a parte meritano le abitazioni. Quelle tradizionali sono in pietra, legno e pelli (più a Sud), o addirittura gli igloo fatti soltanto di neve ghiacciata più a Nord, in entrambi i casi ad impatto ambientale zero in quanto perfettamente biodegradabili. Nel corso degli anni, tuttavia, le abitazioni tradizionali hanno via-via lasciato il posto prima alle tende, comunque ancora abbastanza spartane ed a basso impatto ambientale, e poi alle case in muratura con antenne satellitari, riscaldamento ed energia elettrica, sicuramente più energivore e produttrici di rifiuti ingombranti. Anche a livello di mezzi di trasporto, si è passati negli ultimi 40 anni dalle slitte trainate dai cani, fatte di legno, osso e pelli alle motoslitte, e dai qayaq in osso, legno e pelli alle barche a motore.

La dr.ssa Massa ha evidenziato come la generazione attuale delle popolazioni artiche abbia assorbito lo stile di vita delle popolazioni occidentali talora perdendo di vista la capacità di adattamento all'ambiente ostile tipica delle generazioni passate. Del resto, la generazione precedente ha sperimentato in pochi anni un cambiamento nello stile di vita al quale le nazioni cosiddette industrializzate hanno invece impiegato secoli ad adattarsi.

In questo momento, le popolazioni artiche risentono del riscaldamento globale, un fenomeno apportatore di vantaggi e svantaggi. Tra i primi ricordiamo il sensibile aumento della temperatura ai Poli ed il conseguente miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni autoctone, l'aumento delle aree coltivabili ed il maggiore sviluppo della vegetazione, e la possibilità di allevare animali (ovini, caprini, bovini). Tra i secondi, invece, vi sono il surriscaldamento della Terra ed i possibili fenomeni di desertificazione, la riduzione dei ghiacci (fonti d’acqua dolce), l'erosione del suolo, l'introduzione di nuove specie animali e vegetali con la conseguente  possibile estinzione delle specie locali, e l'estinzione di alcune specie animali a causa della scomparsa del loro habitat e dell’aumento della temperatura del mare (foche, orsi polari, etc.). Insomma, un bilancio che pare nettamente più negativo che positivo.

Il fenomeno dell'erosione dei suoli ad opera dell'innalzamento del livello del mare, in particolare per quanto concerne le zone costiere, ha portato gli abitanti dell'isola di Kivalina, in Alaska, una delle isole che sta scomparendo a causa di questo fenomeno, a citare in tribunale le aziende che contribuiscono all'immissione di gas serra in atmosfera per il "reato di Global Warming", primo caso nella storia del pianeta, e probabilmente ad esso seguiranno altri esempi.

L'archeologa ci ha lasciato con una riflessione su come una serie di azioni sbagliate potrebbero innescare quello che lei ha definito un "suicidio ecologico", o ecocidio: deforestazione, distruzione degli habitat, gestione sbagliata delle risorse terrestri, cattiva gestione delle risorse idriche, eccesso di caccia, eccesso di pesca, introduzione di nuove specie in habitat non originari, crescita della popolazione umana e aumento dell’impatto sul territorio, cambiamenti climatici dovuti all’intervento umano, accumulo di sostanze chimiche tossiche nell’ambiente, carenza di risorse energetiche, esaurimento della capacità fotosintetica della Terra. 

È inquietante, mi viene da dire, osservare come la nostra civiltà stia praticamente compiendole tutte, in maniera più o meno intensa, ed in tutti i punti del globo, e come, nonostante le evidenze siano ormai lampanti, tanti si ostinino ancoraa negarle, spinti da interessi di parte.

La prossima conferenza, "Tre secoli di osservazioni meteorologiche a Torino", sarà tenuta dal dr. Luca Mercalli, Presidente della Società Meteorologica Italiana, il prossimo 17 ottobre, sempre alle 17.45, al museo.

Le figure che seguono sono state tratte dalla presentazione della dr.ssa Massa
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Immagine del satellite Cryosat 2

Ripartizione delle emissioni globali di gas serra (dati 2000) - La combustione di carburanti fossili produce la quantità maggiore di emissioni, seguita dalle attività agricole e forestali. Il settore energetico detiene la quota di emissioni più alta e con il tasso di crescita più elevato (2.2% annuo tra il 1990 ed il 2002) Le emissioni del settore trasporti sono cresciute del 30% rispetto al 1990; il trasporto aereo è responsabile del 5% delle emissioni globali.

Artide e Antartide: due ecosistemi fragili e mutevoli,  sono le regioni più fredde della Terra ed anche le più minacciate.

Il continente antartico: un continente circondato dagli oceani.

I popoli delle nazioni artiche, genericamente conosciuti sotto il nome di Inuit.

L'oceano artico: un oceano circondato dai continenti.

Effetti del global warming in Antartide: distacco e traiettoria dell'iceberg B-15A nel periodo 2002-6.

Tende e case delle popolazioni artiche: oltre agli igloo, questi sono i modi in cui le popolazioni trovavano riparo, in modo perfettamente compatibile con l'ambiente.

Slitte delle popolazioni artiche: essendo costituite da legno, ossa e pelli, in cui spesso veniva inserita carne congelata all'interno delle ossa che fungevano da pattini, erano compatibili con l'ambiente e garantivano un minimo di sopravvivenza in caso di incidenti.

Motoslitte, agglomerati urbani moderni, barche a motore: le popolazioni moderne vivono in modo più confortevole ma meno compatibile.

Effetti della sommersione delle zone costiere.

Elenco delle zone a rischio di sommersione nel pianeta: si nota come le zone artiche sono molto a rischio.

La fauna dell'artico.

Un esempio di come alcune infrastrutture, a volte, siano utili anche agli animali.

Carrellata dei costumi di alcune popolazioni artiche.
 

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