IPCC Climate Change and Water Executive Summary

Torino, 3 maggio 2008

Nella stessa giornata (lo scorso 10 aprile 2008) in cui il Presidente dell'IPCC, Dr. Rajendra Pachauri, ha tenuto la conferenza stampa conclusiva sulla ventottesima sessione plenaria del congresso dedicato ai mezzi di comunicazione di massa, lo stesso Presidente ha anche colto l'occasione per presentare un documento tecnico sull'influenza dei cambiamenti climatici sull'acqua. Il precedente intervento ha trattato il primo argomento, mentre in questa sede ci concentriamo sul secondo.

Entrambi gli eventi si sono scientificamente basati sull'ultima relazione (AR4, dal titolo Cambiamenti climatici 2007) dell'IPCC (disponibile qui), che contiene il maggior numero possibile di prove scientifiche per quanto riguarda lo stato dell'arte della ricerca sullo stato del nostro pianeta. 

Il documento tecnico ha riguardato l'influenza dei cambiamenti climatici sull'acqua. La versione originale si può scaricare da questo sito, mentre in questa sede ne riporto una traduzione libera, per i cui riferimenti si rimanda alla versione originale. La novità di questo documento è il fatto che si è puntata l'attenzione sulle risorse idriche. 

Il dr. Pachauri ha iniziato evidenziando gli aspetti relativi al clima passato e presente ed ai loro risvolti in tema di risorse idriche. È infatti noto da tempo che sia i record osservativi sia le proiezioni climatiche fanno temere che le risorse idriche (in particolare, quelle di acqua dolce), anche a causa del continuo incremento della popolazione mondiale, siano da considerarsi vulnerabili e rischino di essere fortemente influenzate dai cambiamenti climatici, con molteplici conseguenze sulla società umana e sugli ecosistemi.

Il riscaldamento del pianeta osservato da diversi decenni è infatti legato a cambiamenti a grande scala del ciclo idrologico, come ad esempio l'aumento della concentrazione di vapore acqueo in atmosfera, che a sua volta ha influenzato le precipitazioni (sia le l'intensità medie, sia gli eventi estrem), ha ridotto in tutto il mondo lo spessore del manto nevoso per converso incrementando la fusione dei ghiacci, ed ha infine modificato l'umidità nel suolo ed i deflussi. Nonostante le precipitazioni mostrino un'alta variabilità interannuale ed interdecadale, è possibile riscontrare sostanziali cambiamenti territoriali in atto negli ultimi decenni (a partire almeno dal 1970), come l'incremento delle precipitazioni nella maggior parte delle terre site a latitudini settentrionali alte, o le diminuzioni che hanno dominato invece nella fascia subtropicale compresa dai 10° ai 30° di latitudine nord. 

Anche la frequenza degli eventi di precipitazioni intense sono aumentate negli maggior parte dei settori (tale affermazione viene classificata come likely, cioè credibile, nel senso che esistono prove certe ed inconfutabili). A livello globale, inoltre, l'estensione delle superfici di terreno classificate come molto secche è più che raddoppiata dal 1970 (likely), e vi sono state consistenti riduzioni nello stoccaggio di acqua come ghiaccio nelle zone di montagna, nei ghiacciai dell'emisfero Nord, o sotto forma di manto nevoso. Sono inoltre state evidenziate variazioni nelle ampiezze e nei tempi di fusione dei ghiacci e nel flusso dei fiumi alimentati dalla fusione della copertura nevosa in diversi fiumi e laghi (questo aspetto è considerato estremamente certo). Si vedano a questo proposito i resoconti delle conferenze di Tibaldi e Beniston a Torino.

Il dr. Pachauri è poi passato a parlare del futuro, basandosi sulle proiezioni dello scenario A1 dell'IPCC, uno di quelli con le conseguenze più vistose (poiché si basa sull'assunto che non vi sia mitigazione delle emissioni di gas serra), che però purtroppo sembra il più vicino ai dati di questi primi anni del secolo (si veda a questo proposito il resoconto della conferenza di King a Torino).

I modelli di simulazione del clima per il 21° secolo, anche se in linea generale possiedono un'elevata incertezza nelle stime delle precipitazioni, pur tuttavia sono concordi nel prevedere un generalizzato incremento delle precipitazioni alle alte latitudini ed in parte delle aree tropicali ed equatoriali (molto probabile), ed una diminuzione in alcune regioni subtropicali e delle medie latitudini regioni (probabile). Già questo comunque è sufficiente per poter dire con ragionevole fiducia che, entro la metà del 21° secolo, la media annuale delle portate dei fiumi (e, conseguentemente, le riserve idriche) è prevista in aumento a causa dei cambiamenti climatici alle alte latitudini e in alcune zone tropicali ed equatoriali già umide, mentre sarà in diminuzione in alcune regioni già secche alle medie latitudini e tropicali. In particolare, molte regioni aride e semi-aride (come, ad esempio, il bacino del Mediterraneo, gli Stati Uniti d'America occidentali, l'Africa meridionale e la parte nord-orientale del Brasile) sono particolarmente esposte agli effetti dei cambiamenti climatici, e si prevede che rischino una seria diminuzione delle loro risorse idriche (questa previsione è considerata molto attendibile). Anche in questo caso, si veda il resoconto della conferenza di Beniston a Torino per quanto concerne i dati relativi alle Alpi.

Al contrario, l'aumento dell'intensità e della variabilità delle precipitazioni lascia prevedere un aumento dei rischi di inondazioni e siccità in molte aree. La frequenza di eventi di precipitazioni intense (o comunque la frazione di eventi intensi sul totale delle precipitazioni) sarà molto probabilmente in aumento nel 21° secolo rispetto ai valori di oggi nella maggior parte delle aree, con un conseguente aumento del rischio di piogge alluvionali. Allo stesso tempo, si prevede anche un aumento della percentuale di superficie terrestre in condizioni di estrema siccità (evento catalogato come credibile), ed in aggiunta si avrà una tendenza stagionale (in estate) a condizioni di aridità nell'Europa continentale interna, in particolare alle latitudini subtropicali, basse e medio-basse.

Il calo delle precipitazioni alle medie latitudini, unito all'incremento termico, produrrà una riduzione dell'acqua immagazzinata come neve e ghiaccio nei ghiacciai ed una fusione anticipata del manto nevoso stagionale, riducendo così la disponibilità di acqua nella stagione estiva, quando serve, ed incrementandola invece nelle altre stagioni, quando invece servirebbe meno (questa previsione è ritenuta altamente affidabile). Tale considerazione è ancor più grave se si considera che oltre un sesto della popolazione umana vive in regioni rifornite di acqua di fusione dalle principali catene montuose del mondo (tra le quali anche le Alpi). Inoltre, i fenomeni estremi alluvionali e, all'opposto, i casi di siccità prolungata avrebbero anche l'effetto di incidere negativamente sulla qualità delle acque e di aggravare molte forme di inquinamento idrico ad opera di sedimenti, nutrienti, carbonio organico disciolto, ed anche di agenti patogeni, pesticidi e  sale, con possibili impatti negativi su ecosistemi e salute umana, nonché sul costo dell'acqua stessa, per la nota legge di mercato (anche quest previsione è considerata altamente affidabile).

Anche il livello del mare, previsto in aumento di qualche decina di cm, potrebbe estendere le zone di salinizzazione delle acque sotterranee e degli estuari, dando luogo a una diminuzione della disponibilità di acqua dolce per gli esseri umani e gli ecosistemi nelle zone costiere.

A livello globale, gli impatti negativi dei cambiamenti climatici previsti nel prossimo secolo sui sistemi di acqua dolce superano di gran lunga i benefici (previsione altamente affidabile). Le previsioni (anche in questo caso considerate altamente affidabili) dicono che, nel 2050, le superfici dei terreni sottoposti ad un crescente stress idrico a causa dei cambiamenti climatici saranno più del doppio di quelle sottoposte ad uno stress idrico decrescente. Le seconde saranno aree soggette ad una drastica riduzione del valore dei servizi forniti dalle risorse idriche, mentre nelle prime il discorso è duplice: da un lato, infatti, l'approvvigionamento idrico totale annuo sarà in aumento, ma in molte regioni tale vantaggio potrebbe essere controbilanciato dagli effetti negativi legati alla maggiore variabilità interannuale delle precipitazioni (alternanza di periodi siccitosi ed alluvionali, con riflessi sulla qualità dell'acqua e sui rischi di dissesti del territorio). È quindi ovvio che tali cambiamenti nella quantità e qualità dell'acqua dolce non potranno che riflettersi sulla disponibilità, sulla stabilità, sull'accesso e sull'utilizzo delle risorse alimentari, con una conseguente diminuzione della sicurezza alimentare e una maggiore vulnerabilità della classe degli agricoltori rurali, in particolare nelle zone aride e semiaride tropicali asiatiche ed africane. 

Si prevede inoltre, con un altissimo grado di fiducia, che i cambiamenti climatici potrebbero colpisce la funzionalità delle attuali infrastrutture legate all'acqua, come quelle per l'energia idroelettrica, le difese dalle alluvioni, i sistemi di drenaggio, i sistemi di irrigazione. Altri effetti secondari, ma non meno importanti, si assommeranno ai fattori di sollecitazione ambientale, come ad esempio la crescita della popolazione, i cambiamenti delle attività economiche, la variazione dell'utilizzo del territorio e l'urbanizzazione. Infatti, a livello globale, la domanda di acqua aumenterà nei prossimi decenni, principalmente a causa della crescita della popolazione e dell'aumento del
benessere; regionale.

Le attuali procedure di gestione delle acque potabili non sono sufficientemente solide per poter far fronte agli impatti dei cambiamenti climatici, ed anzi in molti luoghi non sono in grado di far fronte in modo soddisfacente neppure all'attuale variabilità del clima, con conseguenti danni ingenti in casi di intense alluvioni o siccità. Come primo passo, pertanto, occorre migliorare ed integrare le informazioni sulla variabilità del clima attuale connesse alla gestione delle risorse idriche in modo da adeguarsi agli effetti più a lungo termine dei cambiamenti climatici. Nel futuro, tuttavia, fattori climatici e non, come ad esempio la crescita della popolazione mondiale e dei danni potenziali, potrebbero aggravare i problemi in futuro (questa previsione ha un elevato grado di confidenza).

I cambiamenti climatici mettono in dubbio anche le considerazioni di stampo tradizionalista che le esperienze del passato possano essere considerate una buona guida per le condizioni future. Le conseguenze dei cambiamenti climatici possono infatti modificare l'affidabilità degli attuali sistemi di gestione delle acque e delle infrastrutture connesse. Inoltre, anche se le previsioni delle precipitazioni, e delle conseguenti portate fluviali, alla scala del singolo bacino sono incerte, è molto probabile che le caratteristiche idrologiche cambieranno nel futuro (in realtà stanno già cambiando, come si evince dagli studi di Tibaldi presentati a Torino). In alcune regioni del mondo si sta già lavorando all'adattamento delle procedure di gestione del rischio che incorporano le nuove previsioni climatiche con l'accento sulle variabili idrologiche.

Le opzioni di adattamento decise al fine di garantire l'approvvigionamento idrico in condizioni normali e siccitose richiedono strategie integrate di domanda e fornitura. Le prime migliorano l'efficienza dell'uso dell'acqua (per esempio attraverso il riciclaggio). L'estensione dell'uso di incentivi economici, tra cui anche la misurazione e la fornitura a pagamento per favorire la conservazione e lo sviluppo del mercato dell'acqua e l'attuazione del commercio virtuale dell'acqua, ha un alto potenziale di funzionalità al fine del risparmio dell'acqua e per il riutilizzo di acqua di alta qualità. Le strategie di fornitura invece generalmente coinvolgono un aumento nella capacità di immagazzinamento, di prelevamento dai corsi d'acqua, e di efficienza nel trasporto.

Una gestione integrata delle risorse idriche fornisce un quadro importante per il raggiungimento di misure di adattamento attraverso i sistemi socio-economici, ambientali e amministrativi. Per essere efficaci, questi approcci integrati devono avvenire alla scala appropriata o comunque a scale necessarie per agevolare azioni efficaci per risultati specifici. 

Le misure di mitigazione possono ridurre l'entità degli impatti del riscaldamento globale sulle risorse idriche, riducendo di conseguenza le necessità di adattamento. Tuttavia, se esse non sono pensate, progettate e gestite in modo sostenibile, possono anche avere notevoli effetti collaterali negativi, quali l'aumento del fabbisogno di acqua per le attività di rimboschimento/impianto o per le colture bio-energetiche. D'altro canto, le misure di gestione delle risorse idriche, come ad esempio le dighe idroelettriche, possono influenzare le emissioni di gas serra. Le dighe idroelettriche sono una fonte di energia rinnovabile, tuttavia esse emettono a loro volta gas serra. L'entità di tali emissioni dipende dalle circostanze specifiche e dalle modalità di funzionamento. 

La gestione delle risorse idriche ha chiaramente un impatto su molti altri settori, come ad esempio energia, salute, sicurezza alimentare, e conservazione della natura. Pertanto, la valutazione delle opzioni di di adattamento e di mitigazione deve essere condotta su più settori dipendenti dall'acqua. I Paesi e le regioni a basso reddito rischiano di rimanere vulnerabili a medio termine, con un minor numero di opzioni rispetto ai Paesi ad alto reddito per l'adattamento ai cambiamenti climatici. Pertanto, le strategie di adattamento dovrebbero essere progettate nel contesto dello sviluppo, dell'ambiente e delle politiche sanitarie.

Esistono diverse lacune nelle conoscenze in termini di osservazioni e di esigenze di ricerca relative ai cambiamenti climatici e ai sistemi idrici. La disponibilità di dati osservazionali e l'accesso a tali dati sono condizioni essenziali per una gestione di tipo adattativo, eppure ancora oggi molte reti osservazionali si stanno riducendo. Vi è la necessità di migliorare la comprensione e la modellizzazione dei cambiamenti climatici connessi con il ciclo idrologico a scale pertinenti ai processi decisionali. L'informazione sugli impatti dei cambiamenti climatici legati all'acqua è incompleta, in particolare per quanto riguarda la qualità delle acque, gli ecosistemi acquatici, le acque sotterranee, compreso la loro dimensione socio-economica. Infine, gli strumenti attuali per agevolare le valutazioni integrate delle opzioni di adattamento e di mitigazione sui diversi settori dipendenti dall'acqua sono insufficienti.
 

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